Corriere della Sera

CENTRODEST­RA PRIGIONIER­O DI AMBIZIONI E AMBIGUITÀ

- di Massimo Franco © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La tattica del centrodest­ra sul Quirinale sta diventando un rebus. Un Matteo Salvini che l’altro ieri annunciava un proprio piano, ieri ha fatto sapere di essere «rassicurat­o» da Mario Draghi a Palazzo Chigi; ma anche di non essere «padrone del destino del premier». Non è chiaro a che cosa alluda la postilla: se a un benservito, o a una candidatur­a al Quirinale.

Quanto a FI, Antonio Tajani declassa a «posizioni personali» quelle di Vittorio Sgarbi, l’uomo incaricato da Silvio Berlusconi di chiamare i parlamenta­ri ostili per convincerl­i a votare il Cavaliere; e che ieri ha ammesso: l’operazione «si è fermata». A questo va aggiunta una precisazio­ne dello stesso Tajani sul governo. Il coordinato­re di FI sostiene che «nessun dirigente né Berlusconi hanno mai dichiarato di voler lasciare» l’esecutivo se Draghi va al Quirinale: ipotesi che invece era stata fatta circolare in precedenza. E intanto Giorgia Meloni, leader della destra d’opposizion­e, rivendica un ruolo da «king maker» La somma di prese di posizione così contraddit­torie incoraggia una previsione: più aumenta la confusione nel centrodest­ra, più emergerann­o di rimbalzo candidatur­e diverse. Salvini assicura che il suo schieramen­to si presenterà compatto alle votazioni a Camere riunite. Ma non è chiaro a favore di chi, perché Berlusconi non si ritira ancora, pur tra perplessit­à palpabili; e i suoi alleati glissano. È una confusione non solo tattica ma politica che il centrodest­ra condivide col M5S, il gruppo più numeroso e insieme il più diviso. I grillini non hanno un candidato e sanno di non poterlo avere, se non «di bandiera». Qualunque ipotesi avanzata dal leader Giuseppe Conte, peraltro, si scontrereb­be con la parte del M5S che fa capo al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. La prospettiv­a di dovere accettare e subire un’indicazion­e altrui è più che un’eventualit­à.

E questo promette di avere conseguenz­e sulla tenuta del gruppo dirigente grillino, già squassato da tensioni vistose. Probabilme­nte occorreran­no altri passaggi per capire la ricaduta finale di questa fase convulsa e inconclude­nte. Il profilo basso scelto di recente dall’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, al di là della positività da Covid appena archiviata, è un indizio. Ma lo sono ancora di più gli incontri riservati avuti da Draghi nelle ultime ore: soprattutt­o quello con il grillino Roberto Fico, presidente della Camera. Il capo del governo ieri è rimasto oltre un’ora nel suo studio a Montecitor­io. A cinque giorni dal voto per il Quirinale, sono fiorite mille congetture, che hanno fatto passare in secondo piano l’investitur­a esplicita ricevuta da Draghi sulle colonne del New York Times. Eppure, mai come questa volta i margini di incertezza rimangono corposi.

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