Salvini: complicato spostare il premier
«Da lunedì centrodestra su un solo nome». Meloni: io ne ho uno in testa. Forza Italia: votino pure i positivi
ROMA Parola chiave: divincolarsi. Evitare che il centrodestra scivoli su un piano inclinato in fondo al quale non c’è alcuna soluzione soddisfacente. Anche se Matteo Salvini e Giorgia Meloni vedono soluzioni soddisfacenti che non si assomigliano. Di certo, però, entrambi i leader almeno nel brevissimo termine vorrebbero che Silvio Berlusconi sciogliesse in fretta la sua riserva. Domani se possibile, o venerdì: a quel nuovo summit del centrodestra che senza questo «dettaglio» non avrebbe moltissime ragioni d’essere. E comunque prima di lunedì prossimo, quando la Camera ospiterà le operazioni di voto del nuovo presidente della Repubblica. Lo ha detto ieri il leader leghista: «Da lunedì prossimo il centrodestra unito avrà un solo candidato, a partire proprio dalla prima votazione».
Il piano inclinato porta a Mario Draghi. Salvini, però, avvisa: «I soldi del Pnrr sono a prestito: su questo bisogna essere molto attenti, anche per questo motivo il premier è complicato da rimuovere». Insomma: «Posso solo ripetere la mia convinzione, che non penso sia solo la mia: averlo a Palazzo Chigi, da italiano, mi rassicura. Poi io non sono padrone del destino di nessuno». Il coordinatore Antonio Tajani ricorda che «serve ancora un governo di unità nazionale e riteniamo che Draghi sia l’unico in grado di gestire un governo con forze eterogenee». Detto questo, «nessun dirigente di Forza Italia, né Berlusconi, ha mai dichiarato di volere lasciare il governo in caso di Draghi presidente della Repubblica».
Eppure, nessuno può garantire che il trasloco del premier al Colle non porti alle urne. Giorgia Meloni la mette così: «Draghi al Quirinale è un punto interrogativo». Perché se questo significa «un altro governo con un altro premier che esce dal cilindro, una legge proporzionale per l’inciucio a vita, allora dico no». La leader di FdI è convinta che il centrodestra debba esprimere un candidato: «Io un nome in testa ce l’ho». Per Salvini, forte del maggior numero di grandi elettori e dunque potenziale kingmaker, la soluzione del genere sarebbe indicata come un fallimento. Del resto, il deputato azzurro Elio Vito, lo ha già detto: «Dovrebbe essere innanzitutto Salvini, a battersi e a creare le condizioni, politiche e numeriche, per la candidatura di Berlusconi che il vertice di centrodestra ha lanciato. E, eventualmente, dovrebbe essere Berlusconi, se non ritenesse di accettarla, a indicare un altro candidato».
Vito mette il dito nella piaga non tanto per il fatto che il dire che il candidato debba sceglierlo Berlusconi è uno sfregio a Salvini: il problema è che molti ritengono che i nomi in circolazione abbiano la possibilità di convincere al di fuori del centrodestra. Negli ultimi giorni ha cominciato a circolare il nome dell’ex ministro degli Esteri azzurro Franco Frattini. Ma nella partita per il Colle è entrato anche il Covid. Il capogruppo azzurro Fabio Barelli chiede formalmente che sia garantita la possibilità di votare a tutti i 1009 grandi elettori.