Quei 498 voti (che non bastano) nel pallottoliere «Così peschiamo in ogni gruppo»
ROMA C’è un pallottoliere centrale, che magari sarà viziato dall’eccessivo ottimismo di chi lo controlla, ma che è quello su cui si fonda formalmente lo scioglimento della riserva — in un senso o nell’altro — di Silvio Berlusconi. E ci sono dei piccoli pallottolieri periferici, centri di raccolta del consenso, come quello ormai celeberrimo del «telefonista» Vittorio Sgarbi, che fanno confluire i dati nel pallottoliere centrale.
Nel pallottoliere centrale di Arcore, una specie di «Viminale» autocertificato del possibile consenso berlusconiano nella corsa verso l’elezione del presidente della Repubblica, ci sarebbero — i dati sono aggiornati alla serata di lunedì — «498 voti». La cifra, che sta sotto gli occhi di Silvio Berlusconi, è stata «vistata» dai capigruppo forzisti alla
Camera e al Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini. Sono voti certi? Assolutamente no. Chi ha accesso ai dati del pallottoliere centrale, in cambio della garanzia di anonimato, racconta che al numero 498 «si è arrivati sommando i 452 voti del centrodestra tra deputati, senatori e delegati regionali, ai grandi elettori degli altri gruppi parlamentari che nel corso degli ultimi mesi hanno manifestato al Presidente, incontrandolo o parlandoci al telefono, la disponibilità a votarlo come presidente della Repubblica».
Secondo questo conteggio, insomma, i grandi elettori «conquistati» al di fuori del centrodestra dalla macchina del Berlusconi for president sarebbero al momento quarantasei. Proverrebbero, secondo l’auto-tarata calcolatrice dei berlusconiani più stretti, da praticamente tutti i gruppi e da tutte le latitudini, con una prevalenza marcata per gli ex grillini che adesso solcano le acque parlamentari a bordo della nave del Gruppo Misto.
Eppure, a dispetto di un calcolo che appare di tutto rispetto (alla quota 505 mancherebbero giusto sette voti), se tra gli stessi autori dell’operazione c’è più sconforto che entusiasmo — ma la ruota potrebbe girare ancora — è perché la cifra viene considerata poco sicura. Nel senso che il Cavaliere, di certezze ancorché non granitiche (il voto segreto rende questa partita diversa da tutte le corse ai Responsabili fatte dal berlusconismo di governo nel corso degli anni), ne vorrebbe almeno 525. Cioè venti voti in più del quorum della quarta votazione, in modo da tentare di assorbire possibili franchi tiratori del centrodestra, defezioni e infezioni da Covid19.
Gianfranco Rotondi, uno dei procacciatori di consensi più loquaci, ammette che «è difficile ma non impossibile.
Non pensate al Berlusconi politico. Pensate alle rete di relazioni lunga mezzo secolo che l’imprenditore ha tessuto con tutta l’Italia. Sapete quanti sono cinquant’anni di mani strette, affari fatti, tintinnii di bicchieri?». Che è la stessa considerazione, probabilmente, che spinge Berlusconi a rincorrere ancora la lepre invisibile del quorum, forse in solitaria, forse no. «Al momento, di voti certi oltre quelli del centrodestra ne abbiamo conquistati altri venti. Sono pochi», scandisce Vittorio Sgarbi a mezzogiorno, un’ora e mezza prima di issare – ai microfoni di Un giorno da pecora – quella sorta di bandiera bianca che «fonti di Forza Italia» smonteranno nel pomeriggio, raccontando di un Berlusconi di nuovo impegnato al telefono alla caccia di grandi elettori. Fino a quando, però, nessuno può saperlo. Di certezze, soprattutto aritmetiche, in questa storia possono essercene pochissime. Se non una: dovesse fare un passo indietro o di lato, farsi da parte o ergersi a king maker, l’ex premier non lo farebbe mai sulla base del riconoscimento di una caccia al voto finita male. «Non è nello stile del personaggio darsi per vinto», ripetono i suoi. Prima di riattivare, per l’ennesima volta, la calcolatrice.
La soglia di sicurezza
Si punta a raggiungere in tutto quota 525 Per ora 46 i sì al di fuori del centrodestra Gli umori
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