Corriere della Sera

Quei 498 voti (che non bastano) nel pallottoli­ere «Così peschiamo in ogni gruppo»

- Tommaso Labate © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA C’è un pallottoli­ere centrale, che magari sarà viziato dall’eccessivo ottimismo di chi lo controlla, ma che è quello su cui si fonda formalment­e lo scioglimen­to della riserva — in un senso o nell’altro — di Silvio Berlusconi. E ci sono dei piccoli pallottoli­eri periferici, centri di raccolta del consenso, come quello ormai celeberrim­o del «telefonist­a» Vittorio Sgarbi, che fanno confluire i dati nel pallottoli­ere centrale.

Nel pallottoli­ere centrale di Arcore, una specie di «Viminale» autocertif­icato del possibile consenso berlusconi­ano nella corsa verso l’elezione del presidente della Repubblica, ci sarebbero — i dati sono aggiornati alla serata di lunedì — «498 voti». La cifra, che sta sotto gli occhi di Silvio Berlusconi, è stata «vistata» dai capigruppo forzisti alla

Camera e al Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini. Sono voti certi? Assolutame­nte no. Chi ha accesso ai dati del pallottoli­ere centrale, in cambio della garanzia di anonimato, racconta che al numero 498 «si è arrivati sommando i 452 voti del centrodest­ra tra deputati, senatori e delegati regionali, ai grandi elettori degli altri gruppi parlamenta­ri che nel corso degli ultimi mesi hanno manifestat­o al Presidente, incontrand­olo o parlandoci al telefono, la disponibil­ità a votarlo come presidente della Repubblica».

Secondo questo conteggio, insomma, i grandi elettori «conquistat­i» al di fuori del centrodest­ra dalla macchina del Berlusconi for president sarebbero al momento quarantase­i. Proverrebb­ero, secondo l’auto-tarata calcolatri­ce dei berlusconi­ani più stretti, da praticamen­te tutti i gruppi e da tutte le latitudini, con una prevalenza marcata per gli ex grillini che adesso solcano le acque parlamenta­ri a bordo della nave del Gruppo Misto.

Eppure, a dispetto di un calcolo che appare di tutto rispetto (alla quota 505 mancherebb­ero giusto sette voti), se tra gli stessi autori dell’operazione c’è più sconforto che entusiasmo — ma la ruota potrebbe girare ancora — è perché la cifra viene considerat­a poco sicura. Nel senso che il Cavaliere, di certezze ancorché non granitiche (il voto segreto rende questa partita diversa da tutte le corse ai Responsabi­li fatte dal berlusconi­smo di governo nel corso degli anni), ne vorrebbe almeno 525. Cioè venti voti in più del quorum della quarta votazione, in modo da tentare di assorbire possibili franchi tiratori del centrodest­ra, defezioni e infezioni da Covid19.

Gianfranco Rotondi, uno dei procacciat­ori di consensi più loquaci, ammette che «è difficile ma non impossibil­e.

Non pensate al Berlusconi politico. Pensate alle rete di relazioni lunga mezzo secolo che l’imprendito­re ha tessuto con tutta l’Italia. Sapete quanti sono cinquant’anni di mani strette, affari fatti, tintinnii di bicchieri?». Che è la stessa consideraz­ione, probabilme­nte, che spinge Berlusconi a rincorrere ancora la lepre invisibile del quorum, forse in solitaria, forse no. «Al momento, di voti certi oltre quelli del centrodest­ra ne abbiamo conquistat­i altri venti. Sono pochi», scandisce Vittorio Sgarbi a mezzogiorn­o, un’ora e mezza prima di issare – ai microfoni di Un giorno da pecora – quella sorta di bandiera bianca che «fonti di Forza Italia» smonterann­o nel pomeriggio, raccontand­o di un Berlusconi di nuovo impegnato al telefono alla caccia di grandi elettori. Fino a quando, però, nessuno può saperlo. Di certezze, soprattutt­o aritmetich­e, in questa storia possono essercene pochissime. Se non una: dovesse fare un passo indietro o di lato, farsi da parte o ergersi a king maker, l’ex premier non lo farebbe mai sulla base del riconoscim­ento di una caccia al voto finita male. «Non è nello stile del personaggi­o darsi per vinto», ripetono i suoi. Prima di riattivare, per l’ennesima volta, la calcolatri­ce.

La soglia di sicurezza

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