«Immorali» (e censurati) I 19 cantanti egiziani che spaventano Al Sisi
La «Siae» egiziana vuole bandire le star del «maharaganat»
«La musica egiziana con cui è cresciuta la mia generazione era il pop classico di artisti del calibro di Amr Diab, Ehab Tawfik, Mohamed Fouad e lo stesso Shaker. I testi erano vuoti, per lo più incentrati sull’amore, il tradimento e lo struggimento. Temi che la mia generazione trova nel migliore dei casi vacui e nel peggiore ridicoli. Quella musica era stantia e antiquata, priva di qualsiasi urgenza. Il senso di euforia e sincerità ingenua e disarmante che dovrebbe far parte del pop non si trova in quelle canzoni».
A scrivere queste parole è il critico egiziano Joseph Fahim. Il tema è chiaro. Prendi dei giovani stanchi di essere messi a tacere, poi dai loro la rete e un microfono e avrai non solo un grande seguito di pubblico ma una lotta generazionale a tutti gli effetti. Succede in tutto il mondo. Succede in Egitto. Qui però il sindacato discografico, dopo aver chiesto alle piattaforme come YouTube e SoundCloud la rimozione di una serie di brani ora ha messo in black list 19 autori. A scatenare la bufera, un anno fa, il brano di Hassan Shakosh «Bent El Giran», che ha fatto contare più di mezzo miliardo di visualizzazioni su YouTube. Si inizia con una storia d’amore contrastata e di quartiere e si finisce con «bevo alcol e fumo hashish». «Un contenuto immorale», per il sindacato egiziano che ha chiesto di mettere fuori legge l’intero genere musicale «per evitare il caos» come ha spiegato durante una seguita trasmissione tv il suo portavoce, Hany Shaker cantante pop di canzoni d’amore degli anni ‘70. In una recente intervista, il cantautore Salah el-Sharnooby è andato oltre e ha paragonato questi artisti a «serpenti venuti fuori dalle paludi dopo il 2011», con il riferimento alle rivolte di piazza Tahrir.
Shakosh in realtà ha tratto giovamento dall’ostracismo della vecchia guardia e ha continuato a vendere sempre più dischi. Ma molti suoi colleghi sono stati banditi da feste, occasioni pubbliche e locali. A ottenere la messa al bando, un sindacato che sebbene non sia di stretto controllo statale agisce in «concordia» con le linee guida delle autorità, il cui bilancio è controllato dallo Stato e che anche in altri ambiti — dalla danza del ventre fino alle clip su Instagram e TikTok — ha
fatto del decoro una bandiera.
Il genere sotto accusa è il mahraganat shaabi (letteralmente vuole dire «festa»), in voga tra la classe operaia egiziana. Lotta generazionale e di classe. Nato dieci anni fa, si è sviluppato al di fuori delle case discografiche e della Tv, ed è generalmente prodotto in studi indipendenti e con software piratati. Lontano dunque dall’ establishment musicale egiziano. Lo scontro tra sindacato e sostenitori del mahraganat shaabi non si ferma qui. «Non riescono a convincersi che siamo qui per restare», ha sentenziato Islam Ramadan, alias DJ Saso, produttore di Shakosh. In attesa di capire chi avrà la meglio, per ora è finita che sui social spopola un meme. Per oggetto, il portavoce del sindacato mentre vieta agli egiziani di cantare sotto la doccia.