«Visite in ospedale, ora si rendano più accessibili»
Sono un’infermiera con molti anni di attività lavorativa in ospedale. Prima di Natale mio marito si è sottoposto a un intervento chirurgico, pensavo di potergli stare accanto per pochi minuti ma, giunti alla soglia del reparto di chirurgia, l’infermiera mi ha invitato a salutare il consorte consigliandogli di utilizzare il cellulare per ogni comunicazione. Ho provato una sensazione di preoccupazione e rabbia al tempo stesso. Sono rimasta fuori del reparto per potergli trasmettere conforto, anche solo per pochi attimi, prima del trasporto in sala operatoria. L’intervento è durato 2 ore, un tempo sufficiente per riflettere su come sia triste distaccarsi in queste circostanze dai propri cari. Ricordo anni fa, prima del diploma, di aver approfondito una materia fondamentale per la mia professione: nursing. Essa esprime le numerose necessità psicologiche del malato. Ora mi rendo conto che c’è una pandemia in corso. In questi due lunghi e difficili anni ho conosciuto una disperazione immensa, manifestata più volte da parenti in attesa di ricevere notizie sui propri cari ricoverati. Non dimenticherò mai l’espressione di paura, apatia, sul volto di ognuno di essi. Ora mi chiedo se non sia possibile oggi attenuare il rigore delle inevitabili disposizioni anti Covid (pensate quando il vaccino non c’era ancora) e consentire ai pazienti ricoverati nei reparti ordinari (con esclusione quindi dei reparti Covid e delle terapie intensive) di ricevere una breve visita quotidiana da parte di una persona cara, con mascherina Ffp2, super green pass e l’esito negativo di un tampone eseguito nei tempi previsti dalle norme di legge.