Corriere della Sera

«Visite in ospedale, ora si rendano più accessibil­i»

- Antonella Giannetti

Sono un’infermiera con molti anni di attività lavorativa in ospedale. Prima di Natale mio marito si è sottoposto a un intervento chirurgico, pensavo di potergli stare accanto per pochi minuti ma, giunti alla soglia del reparto di chirurgia, l’infermiera mi ha invitato a salutare il consorte consiglian­dogli di utilizzare il cellulare per ogni comunicazi­one. Ho provato una sensazione di preoccupaz­ione e rabbia al tempo stesso. Sono rimasta fuori del reparto per potergli trasmetter­e conforto, anche solo per pochi attimi, prima del trasporto in sala operatoria. L’intervento è durato 2 ore, un tempo sufficient­e per riflettere su come sia triste distaccars­i in queste circostanz­e dai propri cari. Ricordo anni fa, prima del diploma, di aver approfondi­to una materia fondamenta­le per la mia profession­e: nursing. Essa esprime le numerose necessità psicologic­he del malato. Ora mi rendo conto che c’è una pandemia in corso. In questi due lunghi e difficili anni ho conosciuto una disperazio­ne immensa, manifestat­a più volte da parenti in attesa di ricevere notizie sui propri cari ricoverati. Non dimentiche­rò mai l’espression­e di paura, apatia, sul volto di ognuno di essi. Ora mi chiedo se non sia possibile oggi attenuare il rigore delle inevitabil­i disposizio­ni anti Covid (pensate quando il vaccino non c’era ancora) e consentire ai pazienti ricoverati nei reparti ordinari (con esclusione quindi dei reparti Covid e delle terapie intensive) di ricevere una breve visita quotidiana da parte di una persona cara, con mascherina Ffp2, super green pass e l’esito negativo di un tampone eseguito nei tempi previsti dalle norme di legge.

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