Generali, la lista dei trenta Soci alla battaglia del rinnovo
Il board: dimissioni di Caltagirone e Bardin, motivazioni offensive. Pucci lascia il comitato
Uno per uno, il vaglio di una trentina di nomi di «candidabili» per il prossimo consiglio di amministrazione di Generali: sarebbe bastato già solo questo ordine del giorno perché quello convocato ieri pomeriggio alle 14.30 dal presidente Gabriele Galateri diventasse un board-fiume. E infatti è terminato alle 22:15. Ma c’erano anche due convitati di pietra: i consiglieri dimissionari Francesco Gaetano Caltagirone, azionista all’8% di Generali, e Romolo Bardin, ceo di Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio che ha il 6,6%.
Hanno sbattuto la porta a pochi giorni l’uno dall’altro, muovendo critiche pesanti al board, fra l’altro proprio sulle modalità di costituzione di questa «lista del cda» in vista dell’assemblea del 29 aprile: accuse respinte a caldo, in maniera altrettanto netta, da Galateri e ieri anche dagli altri amministratori. In tarda serata, una nota di due righe di Generali: «Nel corso della riunione il consiglio, a maggioranza, ha respinto categoricamente le motivazioni addotte nelle comunicazioni di dimissioni, rimarcandone l’assoluta infondatezza e censurandone il carattere spesso offensivo».
«A maggioranza» significa che la discussione è stata accesa, tanto che nel corso della riunione si è dimessa dal «comitato nomine ad hoc per la lista» Sabrina Pucci, consigliera indipendente considerata «in quota» Fondazione Crt, l’ente torinese che partecipa al patto di consultazione con Caltagirone
e Del Vecchio che raccoglie il 16,13%. Il comitato è l’organo istruttorio composto da soli consiglieri indipendenti che deve portare avanti la selezione dei candidabili. L’uscita di Pucci dal comitato — che ridotto ora a tre componenti (Diva Moriani, Alberta Figari e Roberto Perotti) — è nei fatti anche una presa di distanza dalla linea seguita dal board.
Le turbolenze nel consiglio, riunito in videoconferenza, insomma ci sono state. Ma nel frattempo non poteva interrompersi il vaglio della «long list» di candidati, da ridurre a «short list» entro un mese, e entro metà marzo in una lista definitiva. In lizza ci sarebbero lo stesso Galateri — sebbene al quarto mandato non sarebbe più indipendente —, di Moriani, Ines Mazzilli, Clemente Rebecchini, Antonella Mei-Pochtler, Lorenzo Pellicioli — tutti attuali consiglieri — ma anche potenziali presidenti esterni, come Emma Marcegaglia, oltre al ceo Philippe Donnet da riconfermare per un terzo mandato.
Ma nel frattempo i soci pattisti possono continuare a comprare azioni senza doverlo dichiarare, essendo ormai fuori dal consiglio: l’obiettivo sarebbe quello di arrivare al 19,9% così da superare il 17,2% complessivo di Mediobanca e avere più chance di vittoria. Ma per vincere, servono anche una lista di candidati e un piano industriale alternativo da presentare al mercato. In pole position come presidente ci sarebbe l’attuale numero uno di Mps Patrizia Grieco, mentre come nuovo capoazienda le indiscrezioni puntano top manager assicurativi come Giulio Terzariol (Allianz), Giacomo Campora (Allianz Italia), Sergio Balbinot (ex Generali) e top manager come Matteo Del Fante (Poste Italiane).
Circa il piano industriale, dovrà essere molto credibile dato che dovrà convincere i fondi istituzionali a votare la loro lista anziché per quella del board. La misura la dà il piano presentato a dicembre da Donnet, che punta a remunerare i soci con dividendi fra 5,2 e 5,6 miliardi in tre anni e un buyback per 500 milioni, nonché a fare acquisizioni — mirate, nell’asset management e con focus su Asia, Usa, Gran Bretagna, Germania — per tre miliardi. Alcuni dossier sarebbero già in fase avanzata.
Il piano di Caltagirone punterebbe invece con decisione sulla digitalizzazione della compagnia e sulla forte crescita all’estero, con una grande fusione che trasformi Generali nelle dimensioni. In Borsa intanto Generali (+1,48% a 18,8 euro) si è mossa in controtendenza rispetto al listino, verosimilmente anche per gli acquisti dei due soci privati.