«Sostenibilità? Pagare meglio chi lavora»
La lettera di Fink (BlackRock) ai ceo: i prossimi «unicorni» saranno startup per decarbonizzare l’ambiente
«Dove e come lavoriamo non sarà mai più lo stesso di prima», sentenzia nella sua lettera di inizio anno ai ceo Larry Fink, 69 anni, presidente e ceo di BlackRock, il più grande gestore del mondo, con oltre 10 mila miliardi di dollari gestiti. E chiede perciò alle imprese di «rispondere ai propri dipendenti». Significa pagare di più chi lavora, ma anche creare un ambiente migliore, che va «oltre le questioni di retribuzione e flessibilità». Una rivoluzione.
Nel 2018 Fink aveva scosso Wall Street, chiedendo ai ceo delle aziende di chiarire quale fosse il loro scopo (purpose) e il contributo alla società. Nel 2019 aveva dichiarato che le imprese hanno innanzitutto «una responsabilità sociale», un cambiamento radicale rispetto al dovere di creare utile per gli azionisti. Nel 2020 il manager è arrivato a minacciare di «passare dalla retorica sui comportamenti virtuosi ai fatti», davanti ai rischi del cambiamento climatico sulle strategie di lungo periodo. E l’anno scorso ha rincarato la dose per spronare le imprese ad accelerare verso un’economia a zero emissioni nette.
Adesso la sostenibilità investe il lavoro. «Nessun rapporto è stato più cambiato dalla pandemia di quello tra datori di lavoro e dipendenti. Il tasso di abbandono negli Stati Uniti e nel Regno Unito è ai massimi storici. E negli Stati Uniti, stiamo vedendo una delle più alte crescite salariali degli ultimi decenni», sostiene Fink. Se il turnover e l’aumento degli stipendi variano a seconda della regione o del settore, «i dipendenti di tutto il mondo cercano di più dal loro datore di lavoro, compresa una maggiore flessibilità e un lavoro più significativo».
Prima «le aziende si aspettavano che i lavoratori venissero in ufficio 5 giorni alla settimana; la salute mentale era raramente discussa sul posto di lavoro; e i salari per quelli a basso e medio reddito crescevano a malapena». Ma «quel mondo è finito», dichiara Fink. L’uscita dalla pandemia mette i ceo davanti «un paradigma profondamente diverso» da quello a cui siamo abituati. E le imprese che non si adeguano, lo fanno a loro pericolo, perché «il turnover fa aumentare le spese, abbassa la produttività ed erode la cultura e la memoria aziendale», spiega.
La competizione per i talenti è una questione di sopravvivenza per le aziende quanto la transizione energetica. Ma con attività finanziarie globali pari a 400 trilioni di dollari, «le aziende giovani e innovative non hanno mai avuto un accesso più facile al capitale». Ecco perché Fink crede che la decarbonizzazione dell’economia globale stia per creare «la più grande opportunità di investimento» della nostra vita. «Ogni azienda e ogni settore saranno trasformati dalla transizione verso un mondo a zero emissioni nette: i prossimi mille unicorni non saranno motori di ricerca o società di social media, saranno innovatori sostenibili e scalabili: startup che aiutano il mondo a decarbonizzare».
Con un avvertimento: «I governi e le aziende devono garantire che le persone continuino ad avere accesso a fonti di energia affidabili e accessibili». Secondo Fink, qualsiasi piano che si concentra esclusivamente sulla limitazione dell’offerta e non affronta la domanda di idrocarburi «farà salire i prezzi dell’energia» per chi può permetterselo meno. «Il disinvestimento da interi settori, o semplicemente il passaggio di asset ad alta intensità di carbonio dai mercati pubblici a quelli privati, non porterà il mondo allo zero netto. E BlackRock non persegue il disinvestimento dalle compagnie petrolifere e del gas come politica.