Corriere della Sera

Le scuse e la lezione di chi subisce il torto con classe

- Di Luca Gelmini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ogni generazion­e milanista che si rispetti ha la sua cicatrice arbitrale. I rossoneri più maturi hanno vissuto sulla loro pelle la fatal Verona, la versione originale del 1973 nata da un’idea di Concetto Lo Bello, senior. Poi siccome le colpe dei padri ricadono sui figli (checché sostenga il proverbio) c’è stata la replica 30 anni dopo di Rosario Lo Bello, junior. Persino Van Basten si è ricordato di dedicare un capitolo della sua autobiogra­fia a quella partita che si disputò al famigerato Bentegodi. In campo Rijkaard fece molto peggio, sputò addosso un paio di volte a Lo Bello figlio e lo prese su una scarpa. Non proprio educatissi­mo. E non fu certo improntata all’understate­ment la reazione della nostra dirigenza alla svista epocale di Tagliavent­o sul gol di Muntari, che consegnò lo scudetto alla Juventus di Conte. Galliani tenne la faccia corrucciat­a che tutti conosciamo per l’intero girone di ritorno o quasi, il simpatico Sulley non si è praticamen­te più ripreso, noi tifosi neanche. E quando sembrava che avessimo saldato il conto con le giacchette nere ecco che spunta in un San Siro spelacchia­to e semi deserto Marco Serra, da Torino. Gli addetti ai lavori lo

Le cicatrici

Ogni generazion­e ha la sua cicatrice arbitrale, il pentimento in tempo reale è un unicum definiscon­o «giovane arbitro» perché in Italia anche se si hanno 39 anni si è pur sempre all’apprendist­ato. L’effetto Serra però merita una riflession­e in più perché racconta di un mondo capovolto, un unicum nella storia della serie A. Già, perché si è assistito alla creazione dell’arbitro che si pente in tempo reale, che va oltre la sindrome di Fonzie e sibila nel bel mezzo dello stadio la parola «mi sono sba...gliato». Di fronte a questo prodigio è più che giustifica­to che il Milan del fondo Elliott rimanga

stupito, quasi annichilit­o. E reagisca con algido distacco, come fosse al Rotary. Pioli si limita a qualche battuta, Ibra si fa gandhiano e di fronte al dilemma «sta mano po esse fero e po esse piuma» sceglie la strada dello spogliatoi­o per consolare l’arbitro, mica per sferrargli qualche colpo di taekwondo. Sui social c’è chi se l’è presa con Ante Rebic per la sua reazione a caldo. L’avete visto? Appena sentito il fischio, arriva faccia a faccia con Serra, è visibilmen­te nervoso, promette il finimondo. Ma poi contiene la rabbia e con gesto tenero stringe tra le mani il viso dell’arbitro. Farsi fregare senza perdere il sorriso, che lezione.

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