Le scuse e la lezione di chi subisce il torto con classe
Ogni generazione milanista che si rispetti ha la sua cicatrice arbitrale. I rossoneri più maturi hanno vissuto sulla loro pelle la fatal Verona, la versione originale del 1973 nata da un’idea di Concetto Lo Bello, senior. Poi siccome le colpe dei padri ricadono sui figli (checché sostenga il proverbio) c’è stata la replica 30 anni dopo di Rosario Lo Bello, junior. Persino Van Basten si è ricordato di dedicare un capitolo della sua autobiografia a quella partita che si disputò al famigerato Bentegodi. In campo Rijkaard fece molto peggio, sputò addosso un paio di volte a Lo Bello figlio e lo prese su una scarpa. Non proprio educatissimo. E non fu certo improntata all’understatement la reazione della nostra dirigenza alla svista epocale di Tagliavento sul gol di Muntari, che consegnò lo scudetto alla Juventus di Conte. Galliani tenne la faccia corrucciata che tutti conosciamo per l’intero girone di ritorno o quasi, il simpatico Sulley non si è praticamente più ripreso, noi tifosi neanche. E quando sembrava che avessimo saldato il conto con le giacchette nere ecco che spunta in un San Siro spelacchiato e semi deserto Marco Serra, da Torino. Gli addetti ai lavori lo
Le cicatrici
Ogni generazione ha la sua cicatrice arbitrale, il pentimento in tempo reale è un unicum definiscono «giovane arbitro» perché in Italia anche se si hanno 39 anni si è pur sempre all’apprendistato. L’effetto Serra però merita una riflessione in più perché racconta di un mondo capovolto, un unicum nella storia della serie A. Già, perché si è assistito alla creazione dell’arbitro che si pente in tempo reale, che va oltre la sindrome di Fonzie e sibila nel bel mezzo dello stadio la parola «mi sono sba...gliato». Di fronte a questo prodigio è più che giustificato che il Milan del fondo Elliott rimanga
stupito, quasi annichilito. E reagisca con algido distacco, come fosse al Rotary. Pioli si limita a qualche battuta, Ibra si fa gandhiano e di fronte al dilemma «sta mano po esse fero e po esse piuma» sceglie la strada dello spogliatoio per consolare l’arbitro, mica per sferrargli qualche colpo di taekwondo. Sui social c’è chi se l’è presa con Ante Rebic per la sua reazione a caldo. L’avete visto? Appena sentito il fischio, arriva faccia a faccia con Serra, è visibilmente nervoso, promette il finimondo. Ma poi contiene la rabbia e con gesto tenero stringe tra le mani il viso dell’arbitro. Farsi fregare senza perdere il sorriso, che lezione.