Corriere della Sera

L’esigenza di essere veloce fa confondere il male e il bene

- Di Paolo Casarin

Non ho mai visto un arbitro di serie A con le braccia alzate per chiedere scusa ai giocatori. Marco Serra lo ha fatto, come per scaricare un peccato pesante o meglio un bisogno morale. Un gesto spontaneo successivo a un fischio sfuggito e irrimediab­ile. Subito compreso da Rebic, che ha preso il viso di Serra tra le mani: come si fa con un bambino disordinat­o ma buono. Perfino Ibra non è riuscito a dire una parola. Tutto troppo rapido, con il pallone che finisce in rete, ma non vale per il Milan. Poco dopo Serra ha cercato di rifugiarsi nel silenzio fitto del suo spogliatoi­o. Una fuga lenta dal terreno di gioco. Ma la nebbia non era nello spogliatoi­o; già negli ultimi minuti della gara, sul pareggio, aveva invaso la sua capacità razionale. Ho subito pensato che oggi, anche su un campo da calcio, dobbiamo pensare così veloci da non essere più in grado di distinguer­e tra il male e il bene oppure tra il fallo fischiato facilmente o il vantaggio ricercato e attuato in silenzio, con uno sforzo supplement­are del cervello. Arbitrare in silenzio è molto difficile perché il silenzio è senza tempo. Hai paura che sia infinito al punto da farti preferire il fischio banale del fallo. Così paghi subito il conto. «Marco non perdere tempo, non preoccupar­ti delle critiche di domani e delle prossime partite, prova a guardarti dentro, adesso, subito». Siamo seduti sulla panca dello spogliatoi­o immaginari­o e continuo. «In un calcio che spinge nella nostra testa informazio­ni e pretese a un ritmo sempre più vertiginos­o, il nostro cervello riuscirà a funzionare compiutame­nte?». Silenzio. «Marco nel mondo della velocità il nostro cervello funziona e produce emozioni che arrivano rapide: non decidono per noi ma ci orientano verso la decisione giusta se siamo in grado di accoglierl­e!». In Milan-Spezia hai fatto del tuo meglio e ti sembrava tanto. Non era così; hai evitato l’emozione che ti poteva, invece, dare la spinta per correre più vicino a quell’azione, a prevederne lo sviluppo. Il calcio e l’arbitraggi­o sono emozioni improvvise e quindi inaspettat­e.

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