Meloni avverte: pronti a più ampie convergenze se Silvio rinuncia
ROMA «Sia chiaro: solo se unita la coalizione ha i numeri per giocare la partita del Quirinale da protagonista». Via della Scrofa, ore 4 del pomeriggio. Giorgia Meloni riunisce l’esecutivo del partito. Ordine del giorno, va da sé, la strategia per il Colle. Ad ascoltare la leader di FdI ci sono i capigruppo di Camera e Senato, Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani. E poi ancora dirigenti di peso, come Ignazio La Russa e Giovanni Donzelli. Collegato da remoto c’è anche Raffaele Fitto, vicepresidente del gruppo dei Conservatori, con un passato da enfant prodige di Forza Italia. La relazione introduttiva della leader di FdI serve a ribadire la posizione fin qui espressa dal partito. Prima di tutto l’appello all’unità della coalizione che da quella parti si traduce così:
La partita
La leader riunisce il partito: solo se unita, la coalizione ha i numeri per giocare da protagonista
«Noi siamo fedeli a Berlusconi, lo abbiamo ribadito nel corso del vertice della coalizione... Però non vogliamo scherzetti da parte degli alleati». Ed è dopo questa premessa che Meloni dà una notizia che illumina i taccuini dei cronisti e rimanda a quello che potrebbe succedere se il Cavaliere decidesse di sfilarsi. «Nel caso in cui la sua disponibilità venisse meno, Fratelli d’Italia è pronta a formulare le sue proposte per concorrere a costruire una convergenza più ampia su personalità autorevoli nel campo culturale del centrodestra che hanno tutte le caratteristiche per ricoprire l’incarico».
È il piano B della Meloni ma è anche un modo per inviare un pizzino a chi come Matteo Salvini da giorni gioca a fare il leader della coalizione senza concordare le mosse con gli alleati: «Il centrodestra ha il diritto di prelazione, ma nessuno potrà parlare a nome nostro. Ogni decisione dovrà essere concordata in sede di coalizione». Altrimenti rischia di saltare tutto, è il non detto. La leader di Fratelli d’Italia tratteggia il profilo del futuro presidente della Repubblica: «Un patriota che difenda gli interessi nazionali italiani e sappia rappresentare l’Italia con autorevolezza e credibilità».
Non si sbilancia a svelare il nome o i nomi, anche perché ad oggi l’ipotesi di candidatura del Cavaliere è ancora in campo. Allo stesso tempo, Meloni e le sue truppe non intendono aspettare all’infinito. Non arriveranno insomma all’ultimo secondo con Berlusconi che li terrà bloccati. Un conto è verificare i numeri, un altro è continuare a protrarre i termini e far perdere un’occasione storica al centrodestra. Non a caso uno come Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e alto dirigente di FdI, dichiara: «Aspettiamo che Berlusconi ufficializzi la sua candidatura, dopo aver verificato con gli alleati le convergenze, ovvero la fattibilità. Qualora non ci fossero i numeri, occorrerà lavorare a un piano B, un piano alternativo».
La preoccupazione di Meloni rimanda a uno scenario che da quelle parti viene considerato il peggiore: «Alla fine il vero rischio è che si vada a finire su Draghi ma non per scelta perché ognuno ha le sue convenienze, chi di governo, chi perché vuole cambiare la legge elettorale. Se fosse così morirebbe il centrodestra». Insomma, Meloni garantisce di essere stata ai patti, assicura che i suoi 64 grandi elettori si muoveranno come un moloch, ma potrebbe molto presto forzare la mano e chiedere un chiarimento. «Non vogliamo essere travolti dal calcolo degli alleati», avverte.