Salvini costretto ad attendere Spinta per Casellati come alternativa
ROMA Il tic-tac dell’orologio innervosisce la Lega. Lunedì si avvicina, il voto per il nuovo capo dello Stato anche. Eppure, il centrodestra non appare più vicino a una soluzione dei suoi rebus che non una settimana fa, quando i suoi leader si diedero appuntamento per oggi. E il fatto che il previsto vertice tra i leader sia stato congelato non aiuta affatto il buonumore: «Chiedete a Berlusconi» ci si sente rispondere bruschi se si prova a chiedere notizie dell’incontro mancato: «Il Cavaliere — sbuffano in parecchi — proprio non vuole consentire a Matteo di giocarsi la partita come leader del centrodestra». Perché in fondo i leghisti sono ormai convinti che il fondatore di Forza Italia non ce la farà a trovare i voti mancanti e si ritirerà dalla partita. Ma che
cionondimeno intenda condizionare le scelte dell’alleanza. Quanto a Matteo Salvini, non vuole prestare il fianco alla minima critica e fa buon viso: «Il vertice si farà entro questa settimana, come abbiamo promesso, attendiamo da Berlusconi la sua scelta. Abbiamo l’ambizione di fare una proposta di centrodestra e di altissimo livello». Anche se, al momento, nulla è stato fissato.
Ieri Matteo Salvini ha riunito lo stato maggiore del partito, vicesegretari e capigruppo. Ormai, al di là delle pubbliche prese di posizione sul candidato di centrodestra è chiarissimo che comunque con «gli altri», Pd e Movimento 5 stelle in primis, si dovrà trattare. Dal punto di vista leghista, il massimo rischio è rappresentato da Draghi: «Lo farebbe — dicono nel partito —. Ma non vuole dare garanzie sul dopo, sul governo che lo dovrebbe sostituire». E il nome di Vittorio Colao, che si è aggiunto forte a quello di Marta Cartabia, resta sospeso a mezz’aria. Il che per i leghisti è improponibile: «Già una volta Draghi si è fatto la lista dei ministri senza neanche chiedere un parere». Il fatto che Enrico Letta proponga un patto di legislatura per arrivare al 2023 senza scossoni non convince i salviniani: «Con Draghi fuori da Palazzo Chigi, nessuno può garantire nulla». E dunque, la candidatura al Colle di Draghi, che diversi leghisti hanno ribattezzato il GU, il «Garante Universale», rischia di essere dirompente: «L’assumersi la responsabilità di dire di no al GU vogliamo proprio vedere chi se la assumerà: rischia di diventare uno stigma perpetuo».
In campo restano i nomi delle ultime settimane. La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti pare quella che nella Lega sia considerata la carta con le migliori chance. I leghisti le dicono tutte d’un fiato: «Donna, di centrodestra e presidente del Senato». Per i leghisti conta l’attribuzione al centrodestra e il fatto che potrebbe conquistare qualche voto tra i 5 stelle. Per il Pd — sostengono i salviniani — conta il fatto che «lascerebbe libera la postazione di presidente del Senato, a cui il Pd punta diritto». Anche per questo, avrebbe più possibilità dell’altra donna di centrodestra, l’ex sindaca di Milano Letizia Moratti oggi alla guida della sanità lombarda.
E poi Marcello Pera, il cui nome è stato fatto diverse volte da Salvini nei suoi colloqui, senza suscitare tra gli alleati particolari emozioni. Ma prima di qualsiasi altra considerazione, bisogna attendere la decisione di Silvio Berlusconi. E le lancette fanno tic-tac.
I timori sul dopo
Il timore del segretario è che Draghi non voglia dare garanzie sul governo del dopo