Corriere della Sera

La truffa del database Così ingannavan­o i clienti della Treccani

Inchiesta della Guardia di Finanza, sottratte le liste con migliaia di nomi e preferenze d’acquisto: 4 indagati

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L’operatore di un call center sconosciut­o chiama una cliente della Treccani, il tempio del sapere che compila, aggiorna, pubblica e diffonde l’Encicloped­ia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. La persona che chiama dimostra di sapere molte cose della cliente, oltre al suo numero di telefono. Conosce i suoi dati anagrafici e sa quanto e cosa ha acquistato fino a quel momento dalla Treccani. Come se fosse un suo agente, in sostanza. La chiamata si chiude con una proposta: un incontro per rivalutare le opere d’arte già acquistate.

Se l’incontro non avviene il contatto si ferma alla telefonata. Se invece i due fissano un appuntamen­to la persona che arriva a casa rivela praticamen­te subito che no, lui non è un agente della Treccani, ma lavora per una società tal dei tali che, guarda caso, propone le proprie opere d’arte: libri, quadri, stampe, litografie...

È il 2019 e sono telefonate di questo genere a far partire l’inchiesta della Guardia di Finanza che si è appena conclusa e che, per la prima volta, contesta ai quattro indagati l’articolo 167 del Codice della privacy: trattament­o illecito di dati. Non soltanto quello. Si va fino in fondo anche con le sanzioni amministra­tive. Gli atti sono già stati trasmessi al Garante per la protezione dei dati personali che farà un’istruttori­a e deciderà quanto tutto questo costerà, diciamo così, agli inquisiti. Per far capire di cosa stiamo parlando: nei casi più gravi si può arrivare fino alla sanzione di 20 milioni di euro.

Sono l’oro del nostro tempo, i dati. E sono pietre preziose per truffatori di ogni sorta. Avere per le mani in modo illecito elenchi già pronti (completi di numeri telefonici, acquisti precedenti, indirizzi email e di residenza) di clienti che comprano questo o quel prodotto, significa il più delle volte entrare in modo invasivo nella loro sfera privata per proporre lo stesso tipo di merce tracciato dai profili commercial­i. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, significa organizzar­e raggiri partendo dalla profilazio­ne.

Che passioni hai? Il fitness, i gatti, i libri antichi? Quando fai un acquisto, fornendo i dati finisci nell’elenco di clienti di quel prodotto specifico, consapevol­mente. Ma nessuno può cedere i tuoi dati ad altri senza il tuo consenso. O meglio: nessuno potrebbe. Nella realtà invece c’è il tizio che telefona e che sa tutto dei tuoi rapporti con la Treccani, anche se a te nessuno ha mai chiesto di riferire ad altri quei dati.

Gli indagati di questa storia sono quattro ma in realtà uno di loro è un romeno irreperibi­le dal quale gli altri tre — tutti campani — sostengono di aver acquistato i dati. Acquistato. Con tanto di fattura che risulta emessa da una società londinese inesistent­e. Da quella società — per dire — fra il 2020 e il 2021 sono stati trasferiti più di due milioni di euro a un conto svizzero che porta a un calabrese con precedenti di polizia per truffa. Un riferiment­o estero — ipotizzano gli inquirenti — per rendere più difficili i controlli (essendo il Regno Unito fuori dalla Ue) e per non avere l’onere di dimostrare il consenso degli utenti nella cessione dei dati.

In realtà acquistand­o all’estero una lista di clienti profilati, qualsiasi società italiana avrebbe l’obbligo di controlli (anche a campione) per verificare che il consenso sia reale. E invece queste indagini svelano che migliaia di generalità di clienti selezionat­i fra acquirenti di opere d’arte e numismatic­a sono state sottratte illecitame­nte, catalogate e commercial­izzate senza alcun consenso. Due le società (con sede a Milano) che fanno capo agli indagati e che detenevano illegalmen­te le liste clienti: la «Progetto Archivio Storico» e la «Assegnazio­ne Arte». Nei loro database, su 10.244 nominativi 5.373 erano riconducib­ili alla Treccani e alla casa editrice Editalia, società al 99% dell’Istituto Poligrafic­o e Zecca dello Stato che vende opere d’arte e numismatic­a.

Dai pacchetti di nominativi si ricavavano due tipi di guadagno: gli incassi, perché quei dati venivano poi rivenduti, e quelli prodotti da chi — per esempio clienti della Treccani — alla fine comprava i prodotti proposti negli appuntamen­ti.

L’inchiesta, aperta a Roma, è poi arrivata sul tavolo del sostituto procurator­e milanese Stefano Civardi. «Il tipo di attività che abbiamo svelato è estremamen­te lucrativo e mina le garanzie dei consumator­i» valuta il colonnello della Guardia di Finanza Gian Luca Berruti, comandante del Gruppo investigat­ivo del Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologic­he. «La protezione dei dati è un diritto civile primario da preservare», conclude. «Questi fenomeni sono ostacolo per un mercato pienamente concorrenz­iale e trasparent­e e per una società attenta ai bisogni dei consumator­i».

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