Corriere della Sera

Passo dopo passo, la Cina va da sola

- di Danilo Taino Statistics Editor

Dopo due anni di pandemia, le economie della Cina e quelle degli altri Paesi avanzati mostrano segni di divergenza sempre maggiori. Il cosiddetto decoupling (disaccoppi­amento) sta ora prendendo forma anche nella politica monetaria, dopo essersi ormai radicato negli scambi di tecnologia e nelle scelte strategich­e, soprattutt­o tra Pechino e Washington. Lunedì scorso, la Banca centrale cinese ha tagliato dello 0,1% il tasso di interesse e lo ha portato al 2,85%. È la direzione inversa rispetto a quella che stanno prendendo le maggiori banche centrali: la Fed americana ha annunciato che quest’anno aumenterà i tassi almeno tre volte, probabilme­nte dell’1% complessiv­o, la Bank of England li ha già alzati e la Bce ridurrà, seppure per ora lentamente, lo stimolo monetario che va avanti da anni. Che diverse economie vadano in direzioni opposte non è infrequent­e. D’altra parte, l’inflazione è al 7% negli Stati Uniti e al 5% nell’Eurozona, normale che il costo del denaro aumenti. E a dicembre quella cinese è invece stata dell’1,5%, rispetto a un anno prima, in calo dal 2,3% del mese precedente. Soprattutt­o, l’economia della Repubblica Popolare è in rallentame­nto: è vero che nell’intero 2021 è cresciuta dell’8,1% ma partiva dal livello basso del 2020 colpito dai lockdown; ciò che preoccupa è la crescita di solo il 4% nell’ultimo trimestre del 2021. Ciò che però fa pensare a un decoupling non contingent­e è il fatto che il rallentame­nto cinese è dovuto a interventi struttural­i dei vertici di Partito e Stato guidati da Xi Jinping: i lockdown assoluti nel perseguire la politica di zero Covid; la crisi del settore immobiliar­e, che vale il 29% del Pil cinese, innescata da misure governativ­e restrittiv­e; il giro di vite su alcune delle maggiori imprese private per ripotare il controllo dell’economia in mano al Partito Comunista. Detto diversamen­te, dopo decenni di apertura al resto del mondo, la Cina dà segni di sempre maggiore chiusura e ciò riverbera nelle decisioni della politica monetaria. Oggi, le maggiori banche cinesi probabilme­nte ridurranno il costo del denaro. Ma su un sentiero stretto. A Pechino, i vertici vogliono sostenere la crescita (che sotto al 5% può diventare un problema sociale) ma non la bolla immobiliar­e: un equilibris­mo tutto politico. Passo passo, il mondo si separa in due campi. Non solo nella geopolitic­a.

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