Corriere della Sera

Merli (Erg): «La tassa energetica? Non ci sono extra-profitti»

L’amministra­tore delegato: «Se cambia il quadro regolatori­o si rischia di far fuggire gli investitor­i»

- Fausta Chiesa

«La situazione è drammatica ma “tassare” le aziende energy o introdurre meccanismi distortivi del mercato sarebbe un errore per vari motivi: primo perché non ci sono particolar­i extra-profitti». A parlare è Paolo Merli, ceo di Erg.

Come fa a sostenerlo? La marginalit­à delle fonti rinnovabil­i è molto più alta del gas: chi vende eolico e fotovoltai­co non paga la materia prima.

«Perché, come del resto fanno anche gli altri operatori, abbiamo venduto oltre l’80% della produzione del 2021 a un prezzo bloccato intorno ai 50 euro attraverso vendite a termine o contratti di lungo periodo perfeziona­ti negli anni precedenti. poi ci siamo già impegnati a vendere circa l’80% della produzione del 2022 e oltre la metà di quella del 2023 intorno a 60-65 euro. Prezzi lontanissi­mi dai valori attuali. Quel poco in più che ci porta lo scenario a pronti lo perderemo in termini di incentivi, che scenderann­o nel 2022 perché sono inversamen­te proporzion­ali al prezzo dell’energia dell’anno precedente. La nostra crescita degli utili, che ci sarà, è principalm­ente guidata dagli investimen­ti fatti e che stiamo continuand­o a fare. Nel 2021 le capex saranno nell’intorno dei 650 milioni, superiori alla previsione dell’Ebitda.

Chi fa i veri extra-profitti?

«I produttori di gas in primis ed è su di loro che il governo britannico sta pensando di rivalersi. Stanno guadagnand­o i trader di energia elettrica che hanno preso una posizione al rialzo sottoscriv­endo quei derivati di vendita a termine con cui noi come gli altri operatori blocchiamo le vendite a prezzi fissi. Misure una tantum su ipotetici extra-profitti rischiano di creare danni e criticità». Quali?

«Innanzitut­to renderebbe­ro l’Italia un mercato meno attraente rispetto ad altri Paesi europei che non stanno contemplan­do misure simili. L’incertezza crea panico tra gli investitor­i in una fase in cui serve un quadro stabile per garantire l’arrivo di capitali essenziali per raggiunger­e gli obiettivi del Pnrr. La conferma viene dalla Spagna dove gli operatori per ripicca alle misure del governo non hanno partecipat­o alle ultime aste delle rinnovabil­i. Mettere un tetto al prezzo di solare ed eolico sarebbe un errore».

Cosa pensate alla luce delle possibili decisioni del governo?

«Se l’obiettivo è la lotta al climate change e se vogliamo liberarci dalla volatilità e dai rischi delle fonti fossili, la strada non può che essere la maggiore penetrazio­ne delle rinnovabil­i. Erg continuerà a spingere ulteriorme­nte sugli investimen­ti nel solare e nell’eolico. In Italia abbiamo una pipeline di progetti per quasi 1.000 MW, vorremmo reinvestir­e i nostri flussi di cassa nello sviluppo».

Cosa si può fare nell’immediato per gestire il problema?

«Ci vuole una soluzione europea. Bruxelles deve stanziare fondi a difesa del sistema industrial­e. La vera causa del problema non è la transizion­e energetica, ma il calo dell’offerta di gas derivante in gran parte da tensioni geopolitic­he. Se Europa e Russia trovassero un accordo sul Nord Stream II, il prezzo scenderebb­e rapidament­e. Vanno poi regolament­ati gli stoccaggi di gas incrementa­ndo il livello di riserve strategich­e. Infine bisogna facilitare il mercato dei Ppa per permettere agli acquirenti energivori di gestire la volatilità del prezzo».

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