Corriere della Sera

«I Capuleti...» Un esordio felice per Scappucci

- di Enrico Girardi

Èaccolta con ogni favore la prima recita (in scena fino al 2 febbraio) de I Capuleti e i Montecchi di Bellini alla Scala. Ed è un successo meritato perché lo spettacolo vanta un buon cast, due protagonis­te formidabil­i, una regia che bada al sodo più che all’effetto ed è diretto con cura e personalit­à da Speranza Scappucci (foto), prima italiana a salire sul podio scaligero per una produzione d’opera, accolta affettuosa­mente dal pubblico.

L’opera peraltro è infida, come i piatti che vanno cucinati con pochi ingredient­i: un grammo in più o in meno fanno la differenza. Quanto respiro, quanta «aria», quanta libertà di fraseggio debbano essere concesse ai cantanti, ad esempio, è un problema su cui la storia dell’interpreta­zione non ha mai detto l’ultima parola. Scappucci opta per tempi serrati, asciutti nelle scene d’insieme, specie quelle corali, permettend­o però molto agio, con tempi larghi, all’agilità, al timbro limpido e alla morbida, naturale espressivi­tà di Lisette Oropesa e Marianne Crebassa, le stupende Giulietta e Romeo di questa nuova edizione. Forse anche troppa, per quanto ciò accentui quella dimensione astratta, lunare, che è punto di forza della creatività belliniana. Autorevole il Lorenzo di Michele Pertusi, una lieta sorpresa il Tebaldo di Jinxu Xiahou, «complicato» il Capellio di Jongmin Park. L’apporto del Coro è un po’ attutito dalle mascherine. La messinscen­a rievoca gli anni Trenta e l’epoca napoleonic­a di Bellini in un modo che mette più in luce il contesto politico-sociale di quello erotico-privato degli amanti.

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