«I Capuleti...» Un esordio felice per Scappucci
Èaccolta con ogni favore la prima recita (in scena fino al 2 febbraio) de I Capuleti e i Montecchi di Bellini alla Scala. Ed è un successo meritato perché lo spettacolo vanta un buon cast, due protagoniste formidabili, una regia che bada al sodo più che all’effetto ed è diretto con cura e personalità da Speranza Scappucci (foto), prima italiana a salire sul podio scaligero per una produzione d’opera, accolta affettuosamente dal pubblico.
L’opera peraltro è infida, come i piatti che vanno cucinati con pochi ingredienti: un grammo in più o in meno fanno la differenza. Quanto respiro, quanta «aria», quanta libertà di fraseggio debbano essere concesse ai cantanti, ad esempio, è un problema su cui la storia dell’interpretazione non ha mai detto l’ultima parola. Scappucci opta per tempi serrati, asciutti nelle scene d’insieme, specie quelle corali, permettendo però molto agio, con tempi larghi, all’agilità, al timbro limpido e alla morbida, naturale espressività di Lisette Oropesa e Marianne Crebassa, le stupende Giulietta e Romeo di questa nuova edizione. Forse anche troppa, per quanto ciò accentui quella dimensione astratta, lunare, che è punto di forza della creatività belliniana. Autorevole il Lorenzo di Michele Pertusi, una lieta sorpresa il Tebaldo di Jinxu Xiahou, «complicato» il Capellio di Jongmin Park. L’apporto del Coro è un po’ attutito dalle mascherine. La messinscena rievoca gli anni Trenta e l’epoca napoleonica di Bellini in un modo che mette più in luce il contesto politico-sociale di quello erotico-privato degli amanti.