I dubbiosi tra i dem ora virano sull’ex capo della Bce
ROMA A Roma c’è un modo per dirlo: non capita, ma se capita? Cioè se alla fine veramente Mario Draghi dovesse andare al Quirinale, nonostante le residuali resistenze di una parte del centrodestra e di un pezzo del centrosinistra.
Nessuno vuole entrare in rotta di collisione con il possibile futuro capo dello Stato. Tanto meno nel Pd che ha fatto della responsabilità il suo vessillo. Perciò nella ex maggioranza giallorossa ci si sta adeguando. Andrea Orlando che fino a qualche giorno fa è stato visto nell’ufficio di Giuliano Amato (uno dei papabili presidenti, caldeggiato finora da Massimo D’Alema e da alcuni big del Pd), per esempio, ora spiega: «Draghi è una delle carte fondamentali e la nostra preoccupazione è di non bruciarla». Suppergiù le stesse parole va ripetendo da qualche ora Beppe Provenzano, che prima non aveva mai nascosto la sua propensione per un bis di Mattarella o per la prima volta di Amato: «Non possiamo permetterci di bruciare nessuna carta».
Stefano Bonaccini preferirebbe che il premier restasse al suo posto ma alla fine della festa ammette: «Non si può escludere Draghi». Sta andando come aveva profetizzato Goffredo Bettini, benché la sua prima scelta non fosse il premier: «Se non si riesce a trovare un candidato comune con
Cambio di clima
Da Provenzano a Orlando, fino al governatore Bonaccini Crescono le dichiarazioni a favore dell’ipotesi di Draghi al Quirinale una sua autonoma forza politica, si finirà su Draghi». E l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti, ora senatrice, nonché esponente di spicco della corrente di Dario Franceschini, corrente che certo non sponsorizza il presidente del Consiglio, con i colleghi di Palazzo Madama ammette: «Se c’è Draghi non possiamo non appoggiarlo convintamente».
Del resto, Enrico Letta che sta lavorando sull’ipotesi di Draghi al Colle è fermo: «Non voteremo un candidato di centrodestra». Tradotto: no a Casellati, Moratti e Franco Frattini. E ieri tra i senatori dem, che per la maggior parte tifano per il premier al Colle, si raccontava con soddisfazione dell’ultima esternazione di Paola Taverna davanti a un gruppetto di parlamentari: «Draghi? Ma si, Draghi forever!».