Liste Generali, il dilemma della Consob
Oggi le raccomandazioni per il rinnovo del consiglio. Le richieste di Caltagirone, la replica del board
Sul caso Generali si pronuncia oggi la Consob. La commissione, che torna a riunirsi oggi dopo aver iniziato ieri i lavori, dovrebbe approvare il «richiamo di attenzione» sulle «liste del cda», cioè la presentazione da parte del consiglio uscente di una lista di candidati per l’organo amministrativo di una società.
È un richiamo generale ma che nasce da un caso concreto, il rinnovo del board Generali, per il quale si fronteggiano da un lato il consiglio uscente — sostenuto dal socio di maggioranza relativa, Mediobanca — e dall’altro un patto di consultazione stretto tra i soci privati Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio e la Fondazione Crt, contrari a che sia il board uscente presenti una lista.
A sollecitare la Consob a intervenire era stato proprio Caltagirone, dopo che a settembre il consiglio Generali a maggioranza ha deciso di avviare la procedura per arrivare a una «lista del cda». Caltagirone, che nel frattempo ha rastrellato azioni arrivando ora all’8%, ha chiesto alla Consob lumi sulla lista del cda: secondo indiscrezioni avrebbe sollevato dubbi anche sulla legittimità della presentazione di una lista da parte di un consiglio nonché sulla procedura da seguire, oltre che sulla legittimità del «prestito titoli» con il quale Mediobanca si è portata dal 12,8% al 17,2% dei diritti di voto. Intanto ieri De
Agostini ha continuato a ridurre tramite derivati la sua quota in Generali dall’1,44% allo 0,91%: la società guidata da Lorenzo Pellicioli (consigliere Generali) voterà comunque il 29 aprile in assemblea con l’intero 1,44%.
Lo scontro di Caltagirone con il board presieduto da Gabriele Galateri è continuato a dicembre sul piano industriale presentato dal ceo Philippe Donnet — perno della futura «lista del cda» di Generali —, che l’imprenditore romano non ha votato, fino alle polemiche dimissioni dal board la scorsa settimana, seguite da quelle di Romolo Bardin, esponente di Delfin, holding di Del Vecchio (al 6,6% in Generali), con motivazioni respinte però da gran parte dei consiglieri come «offensive»
Ma anche dentro la Consob la spaccatura è stata forte, e lo ha confermato ieri lo stesso presidente Paolo Savona. In un tweet in risposta al Foglio che criticava il ritardo della commissione sull’ok al «richiamo d’attenzione» messo in consultazione dal 2 al 17 dicembre scorsi, Savona si è difeso così: «Non sono io a tenere in scacco la Consob, ma è la vecchia Consob a tenere in scacco Savona. È in corso l’eterna lotta tra la conservazione e l’innovazione sui cui si va giocando il futuro dell’Italia». La commissione peraltro è in rinnovamento: sta per uscire il commissario Carmine Di Noia e al suo posto si insedierà Carlo Comporti, anch’egli — come Chiara Mosca — indicati dal governo Draghi. Martedì 18 in commissione Finanze del Senato Comporti ha detto che «serve una Consob snella e al passo con i tempi» che riesca a «dotarsi di strumenti innovativi» per assicurare «la velocità di risposta» e «un quadro ex ante sufficientemente preciso».
Nel merito la Consob non dovrebbe discostarsi dal testo messo in consultazione. Dovrebbe ribadire che la «lista del cda» è consentita perché non è né prevista né vietata dalla legge — e quindi l’authority non può vietarla —, che è ormai consuetudine adottata da 52 società (e applicata in 11), che la procedura va resa nota ex ante, che devono essere coinvolti soprattutto i consiglieri indipendenti: una linea cui Generali si è già adeguata. Bisognerà vedere poi se Consob si pronuncerà sul nodo del prestito-titoli che comunque — fanno notare fonti vicine al dossier — è una prassi di mercato.