Facciamo sentire importanti i giovani arbitri
Per sostituire i 4.000 arbitri che hanno lasciato l’Associazione negli ultimi anni, ci vogliono più interventi immediati e un modello nuovo. Il 13% del totale di una risorsa umana così particolare non si recupera con una circolare. Un arbitro con qualche anno di esperienza, maturata nei campi dove le botte sono possibili, non si ritira, anzi. Parlo di botte «sportive», ovviamente. Una volta, 1967, alla fine del primo tempo di Maglie- Brindisi, una scarpa mi colpì sul viso causandomi delle escoriazioni leggere. L’ho raccolta e portata in spogliatoio per scoprirne la pericolosità. Assieme al maresciallo abbiamo convenuto che si trattava di una scarpa normale, non un’arma. Il maresciallo mi disse «arbitro mi lasci la scarpa perché a quel tifoso è rimasta l’altra. Siccome ho visto il lanciatore lo chiamo e gli faccio vedere la scarpa lanciata. Così facendo, il tifoso non le tirerà anche la seconda!». Ascoltai il maresciallo «Buon Senso». Stavo per esordire in serie B, figuriamoci se mi preoccupava una scarpa! Ma se hai paura di una scarpa, come fai a dare un rigore decisivo a fine gara? È vero, sono passati tanti anni, i giovani sono cambiati, ma la passione per il calcio è sempre viva. E un giovane che comincia questa esperienza va aiutato, coltivato, formato. Piuttosto nelle sezioni ci sono ancora i maestri? Bisogna far sentire importanti i futuri fischietti, dire che il calcio può permettere loro di studiare e lavorare con successo e che anche una partita con altri 22 giovani calciatori ha molto da dare. Applicando bene una regola trasmetti equilibrio a tutti, pubblico compreso: dopo un po’ di esperienza diventi giusto. Il modello nuovo è quello che il maestro ti deve far sentire da serie A fin dall’inizio e se non sarà così ti potrà confermare che la vita arbitrale rimarrà una scuola di libertà. Quella profonda e per sempre: nessuno tira pietre a un giusto.