Corriere della Sera

«Non possiamo rischiare di non avere il premier né da una parte né dall’altra»

Serracchia­ni: no ai nomi di parte e ai capi partito, serve coesione

- di Maria Teresa Meli

Debora Serracchia­ni, che spettacolo sta dando la politica?

«Quello che emerge in questi primi giorni è l’esigenza di una scelta coesa e unitaria. È importante far vedere plasticame­nte al Paese che questa coesione nazionale è quella che serve per rafforzare la ripresa economica e superare la pandemia. Non è questo il tempo dei capi partito o dei nomi di parte».

Il centrosini­stra aspetta le decisioni di Berlusconi, è ancora tutto nelle sue mani…

«Quello è un problema del centrodest­ra, non nostro. Nessuno ha i numeri per eleggere da solo il capo dello Stato, neppure il centrodest­ra con un proprio nome. Per quanto riguarda noi, stiamo lavorando a un alto profilo istituzion­ale e condiviso, e alla definizion­e di un patto di legislatur­a».

Mario Draghi si preserva meglio dal Quirinale o da palazzo Chigi?

«Quello che non possiamo assolutame­nte permetterc­i è di non averlo né da una parte né dall’altra. Noi riteniamo che sulla presidenza della Repubblica si debba innanzitut­to partire da alcune consideraz­ioni fondamenta­li: dobbiamo tenere insieme sia il passaggio delicato e solenne del capo dello Stato, sia la continuità dell’azione di governo per consolidar­e la ripresa economica e metterci alle spalle la pandemia».

Il patto di legislatur­a serve a rassicurar­e i parlamenta­ri che hanno paura delle elezioni?

«Serve per rassicurar­e il

Paese perché mentre noi ci confrontia­mo sull’elezione del presidente della Repubblica, dobbiamo affrontare il tema del caro-bollette, attuare il Pnrr, completare le riforme che abbiamo iniziato, come quella della giustizia, del Csm e della pubblica amministra­zione. Poi ci sono le riforme istituzion­ali, la riforma elettorale e la riforma dei regolament­i. C’è tanto lavoro da fare...».

Enrico Letta insiste sul profilo istituzion­ale del capo dello Stato. Secondo lei è più istituzion­ale Amato o Casini?

«Non mi sembra il caso di fare il totonomi. Sono tutte figure stimate che hanno avuto ed hanno ruoli istituzion­ali».

Dobbiamo tenere insieme la scelta del capo dello Stato con l’esigenza di dare continuità all’azione di governo

E Casellati?

«Abbiamo detto che non è il momento dei nomi di parte».

Lei ritiene che il patto con Conte regga fino alla fine di queste trattative sul Quirinale?

«Credo che questa sia l’occasione perché il patto con i 5 Stelle si consolidi».

I parlamenta­ri positivi al Covid potranno votare per il presidente della Repubblica, sembrava che lei fosse contraria...

«Siamo in un momento molto particolar­e e delicato in cui abbiamo preso delle decisioni che hanno ristretto le nostre libertà di movimento. Durante la pandemia abbiamo equiparato l’aula della Camera a un luogo di lavoro e detto che i deputati possono accedere a Montecitor­io rispettand­o le stesse regole previste per tutti i lavoratori italiani. Tant’è che abbiamo viaggiato durante la pandemia solo per svolgere le nostre mansioni ma non lo abbiamo fatto comunque quando eravamo positivi. Oggi un lavoratore positivo non va a lavorare, quindi, pur essendo l’elezione del presidente della Repubblica un passaggio fondamenta­le e solenne, in questo momento così difficile per tanti lavoratori e per le attività economiche, io penso che si debba dare l’esempio e perciò il fatto che i deputati positivi avessero delle regole di movimento diverse rispetto ad altri cittadini italiani non mi sembrava opportuno. Dopodiché la maggioranz­a dei gruppi, il governo e il presidente della Camera hanno deciso di prevedere queste regole diverse che consentano ai grandi elettori positivi di poter votare raggiungen­do con mezzi propri Roma votando fuori dalla Camera. E abbiamo risolto questo problema così. Peraltro parliamo per fortuna di un numero esiguo di parlamenta­ri».

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