La «cerimonia degli addii» per rilanciare la credibilità della giustizia
Anche nell’ultimo appuntamento pubblico del suo settennato, Sergio Mattarella resta uno scoglio a cui aggrapparsi per chi intende restituire credibilità alla magistratura e all’amministrazione della giustizia. Alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario la ministra Guardasigilli Marta Cartabia — delegata dal premier Draghi, assente, a rappresentare il governo — non perde l’occasione di citarlo quando invoca l’urgenza di un intervento che giace da oltre un mese a Palazzo Chigi: «È necessario affrontare la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. «Ineludibile davvero come lei, signor presidente, ha più volte sottolineato, interpretando l’animo di molti. E per quel che conta, anche mio». Toccherà al successore di Mattarella sorvegliare su tempi e modi del cambiamento e in qualche modo gestirlo, in qualità di presidente dell’organo di autogoverno. Ma il ricambio non riguarderà solo il capo dello Stato: l’intero Csm, afflitto da «una crisi di credibilità senza precedenti» per dirla con il vice-presidente David Ermini che pure rivendica segni di reazione, è giunto «all’ultimo miglio»; il prossimo sarà eletto in estate, si spera su nuove basi che ne garantiscano il rilancio. «Ci auguriamo che il Parlamento sappia restituire al Consiglio il ruolo che la Costituzione ha disegnato e che per tanti anni ne ha fatto un modello di rifermento in Europa», auspica il procuratore generale Giovanni Salvi; anche lui andrà in pensione a luglio, e sottolinea le «buone pratiche» del suo ufficio che, sul piano disciplinare, «ha fatto il proprio dovere con determinazione e nel pieno rispetto del principio di legalità, resistendo alla tentazione del giudizio etico che tanto danno ha fatto nel processo penale». Tra un anno ci sarà ancora, invece, il presidente della Cassazione Pietro Curzio, rimesso in sella dal Csm dopo la bocciatura del Consiglio di Stato. Fa un bilancio in «chiaroscuro», e conclude evocando la severità di uno scrittore che sulla giustizia non ha fatto sconti: «I magistrati nella loro larghissima maggioranza hanno le risorse umane e professionali per riannodare il rapporto di fiducia con i cittadini, nella consapevolezza che “l’onore dei giudici consiste, come quello degli altri uomini, nel riparare i propri errori”. Lo ha scritto Voltaire, ce lo ha ricordato Leonardo Sciascia». Più di un programma.