Fame e malattie: l’Europa torna in Afghanistan
L’Europa torna a Kabul: nessun riconoscimento diplomatico ufficiale o legittimazione in alcuna forma del regime dei talebani, bensì consapevolezza della necessità che con loro in qualche modo occorre relazionarsi per cercare di alleviare le gravi sofferenze della popolazione. Con questo spirito, l’Ue riapre una rappresentanza a poco più di cinque mesi dalla travolgente vittoria militare talebana e del ritiro dal Paese della coalizione internazionale a guida americana. «Abbiamo iniziato a stabilire una presenza minima per facilitare la consegna degli aiuti umanitari e monitorare la situazione dei diritti umani sul terreno», dice il portavoce dell’ufficio Esteri Ue a Bruxelles, Peter Stano. I talebani, desiderosi più che mai di riconoscimento internazionale, hanno subito parlato di «riapertura dell’ambasciata Ue». Ma, da Bruxelles, si specifica che la mossa è dettata unicamente dal desiderio di aiutare i circa 30 milioni di afghani piagati da fame e malattie. Con gli stessi intendimenti, una delegazione talebana guidata dal ministro degli Esteri, Mawlawi Amir Khan Muttaqi, sarà ricevuta domenica a Oslo. La scelta europea era comunque in cantiere ormai da molte settimane, nonostante i talebani siano continuamente accusati di violazioni dei diritti umani. Il congelamento delle risorse finanziare dello Stato (circa 9 miliardi di dollari) nelle banche americane e l’embargo hanno contribuito alla paralisi del sistema economico, aggravata dalla carestia e dalle temperature rigide dell’inverno.