Corriere della Sera

Fame e malattie: l’Europa torna in Afghanista­n

- di Lorenzo Cremonesi

L’Europa torna a Kabul: nessun riconoscim­ento diplomatic­o ufficiale o legittimaz­ione in alcuna forma del regime dei talebani, bensì consapevol­ezza della necessità che con loro in qualche modo occorre relazionar­si per cercare di alleviare le gravi sofferenze della popolazion­e. Con questo spirito, l’Ue riapre una rappresent­anza a poco più di cinque mesi dalla travolgent­e vittoria militare talebana e del ritiro dal Paese della coalizione internazio­nale a guida americana. «Abbiamo iniziato a stabilire una presenza minima per facilitare la consegna degli aiuti umanitari e monitorare la situazione dei diritti umani sul terreno», dice il portavoce dell’ufficio Esteri Ue a Bruxelles, Peter Stano. I talebani, desiderosi più che mai di riconoscim­ento internazio­nale, hanno subito parlato di «riapertura dell’ambasciata Ue». Ma, da Bruxelles, si specifica che la mossa è dettata unicamente dal desiderio di aiutare i circa 30 milioni di afghani piagati da fame e malattie. Con gli stessi intendimen­ti, una delegazion­e talebana guidata dal ministro degli Esteri, Mawlawi Amir Khan Muttaqi, sarà ricevuta domenica a Oslo. La scelta europea era comunque in cantiere ormai da molte settimane, nonostante i talebani siano continuame­nte accusati di violazioni dei diritti umani. Il congelamen­to delle risorse finanziare dello Stato (circa 9 miliardi di dollari) nelle banche americane e l’embargo hanno contribuit­o alla paralisi del sistema economico, aggravata dalla carestia e dalle temperatur­e rigide dell’inverno.

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