L’Italia dei 3 morti al giorno E con la ripresa crescono anche i rischi nei cantieri
Il boom dell’edilizia ha inciso per il 10 per cento
ROMA Più di tre morti al giorno sul lavoro nel 2021. Con tante tragedie, come quella di Luana D’Orazio, la giovane stritolata il 3 maggio nell’orditoio dell’azienda tessile in cui lavorava e per la quale è di ieri la notizia che il risarcimento per i parenti è stato quantificato in 166 mila euro. È «inaccettabile il numero degli infortuni sul lavoro, particolarmente grave nei settori caratterizzati da attività precarie e usuranti», ha detto il primo Primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, aprendo ieri l’anno giudiziario.
I dati ufficiali più aggiornati dell’Inail si fermano ai primi 11 mesi dell’anno scorso e segnalano 1.116 morti sul lavoro. Un dato migliore rispetto allo stesso periodo del 2020 (1.151), ma peggiore se confrontato col 2019 (997). È evidente, però, che queste statistiche sono falsate dallo tsunami Covid. Vediamo perché, partendo dall’inizio. Nel 2020 più di un terzo dei decessi sul lavoro sono stati causati dal coronavirus. Per l’esattezza 563 su 1.151, dice il Report del centro studi Lavoro&Welfare, guidato da Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e membro del consiglio di amministrazione dello stesso Inail. La strage da Covid ha così determinato un aumento dei morti del 15,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. E questo nonostante il blocco parziale delle attività economiche, con un crollo del Pil del 9%, e milioni di lavoratori in smart working. In sostanza, al netto del killer Covid, i morti sembrerebbero diminuiti rispetto al 2019. Ma in realtà questo confronto non si può fare perché appunto non si possono mettere sullo stesso piano 11 mesi di attività normale (2019) con un 2020 azzoppato dal Covid.
Più senso, invece, ha paragonare il 2021 con il 2020, entrambi colpiti dalla pandemia, anche se con effetti diversi, determinati anche dall’allentamento delle restrizioni alle attività economiche e alla mobilità decisi dal governo. Nei primi 11 mesi dell’anno scorso i morti sul lavoro sono stati 35 in meno rispetto allo stesso periodo del 2020 e dei 1.151 decessi 234 sono stati causati dal Covid (con un’incidenza sul totale che è scesa dal 36,3% del 2020 al 21%). In questo caso confrontando i lavoratori morti al netto del Covid nei primi 11 mesi del 2021 (882) con quelli dello stesso periodo del 2020 (588) sembra esserci stato un forte peggioramento. Bisogna però tener conto della ripresa delle attività economiche e della mobilità (gli incidenti mortali in itinere sono stati 35 in più), testimoniata anche da un aumento del Pil di circa il 6%. Inoltre, il boom dell’edilizia favorito dal Superbonus del 110%, ha certamente contribuito all’aumento, pari a circa il 10%, degli incidenti mortali nei cantieri. In ogni caso, dice Damiano, «al netto dell’effetto Covid c’è un aumento dei morti, che si aggiunge all’incremento del 2,1% degli infortuni e del 24,1% delle malattie professionali sul 2020». Che fare? «Dare più autonomia all’Inail nell’uso degli incentivi alle imprese che investono sulla prevenzione, ridurre la precarietà sul lavoro, aumentare l’organico dell’Inail, attuare la patente a punti prevista fin dal 2008».