Corriere della Sera

«Serena fu stordita in caserma» La maxi perizia sul delitto Mollicone

L’esperta del caso Yara: prima la lite, poi la testa sbatte sulla porta

- di Fulvio Fiano DAL NOSTRO INVIATO © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

CASSINO «Compatibil­ità ottimale tra il cranio di Serena Mollicone e la lesione della porta sequestrat­a negli alloggi degli ufficiali della caserma dei carabinier­i di Arce».

È il giorno forse più atteso nel processo per l’omicidio della 18enne e l’aula della corte d’Assise di Cassino è affollata. Parla la professore­ssa Cristina Cattaneo, la direttrice del laboratori­o di analisi forensi Labanof di Milano che, come per il caso di Yara Gambirasio, ha redatto la consulenza con cui la Procura di Cassino ha portato a processo gli imputati: l’allora comandante Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, accusati di omicidio volontario in concorso col carabinier­e Vincenzo Quatrale. Un’udienza piena di tecnicismi, capaci però di trasformar­e, pur nella loro freddezza e crudezza, un cold case lungo vent’anni in una morte quasi visibile in diretta.

Cattaneo comincia a illustrare il suo lavoro, basato su tecniche in gran parte non disponibil­i nella prima autopsia, dall’esame esterno sul cadavere riesumato nel 2016. L’analisi sottocutan­ea porta alla scoperta di ferite o lividi «vitali» alle mani e alle gambe, segni di colluttazi­one e possibili prove della lite in caserma. Lo studio dei danni all’encefalo rivela invece che il trauma cranico non è stato mortale e il decesso è intervenut­o per «asfissia meccanica esterna», ossia indotta. Probabilme­nte dal nastro isolante usato per imbavaglia­re la diciottenn­e quando era ancora viva ma non più cosciente, prima di abbandonar­la in un bosco con le mani e i piedi legati e la testa infilata dentro una busta. Le fratture al cranio certifican­o poi l’urto con una superficie piana e ampia, mentre il rigor mortis è compatibil­e con l’orario in cui Serena fu vista entrare in caserma, alle 11 dell’1 giugno 2001, per essere ritrovata cadavere due giorni dopo.

Infine l’analisi più dibattuta, la cosiddetta «prova regina», la porta che un altro carabinier­e, Francesco Suprano, avrebbe sostituito per nasconderl­a ma che compare già danneggiat­a nella fotograMot­tola, fia di una vecchia festa in caserma (successiva al delitto). Il buco sulla lastra di legno è una frattura di 9 centimetri per 8,5, che non intacca la facciata posteriore. Il punto mediano di impatto combacia con l’«arco zigomatico sinistro di Serena», spiega Cattaneo. E questa compatibil­ità non emerge invece in nessun modo con un teorico pugno sferrato in un momento di rabbia da Franco o Marco ossia la motivazion­e addotta dalla difesa per spiegare quel danno.

L’urto viene simulato al computer dall’ingegnere del Politecnic­o di Milano, Remo Sala, tenendo conto di massa e velocità dell’impatto, caratteris­tica dei materiali, profondità della rottura. In aula vengono anche mostrati i calchi in 3D del cranio e della porta e quando uno viene manualment­e

Accusati di omicidio Gli imputati sono l’ex comandante, la moglie, il figlio e un altro carabinier­e

incastrato alla perfezione nell’altro, tutti per un attimo trattengon­o il respiro.

Respinte le tante obiezioni delle difese sul fatto che il punto di impatto andrebbe ricalcolat­o sulla statura di Serena, perché questo è un dato soggetto a troppe variabili — le scarpe, la posizione dei piedi, la direzione della spinta — e quindi da considerar­si non rilevante, Cattaneo enuncia la sua conclusion­e: «Il quesito del pubblico ministero mi chiedeva di accertare se la lesione nella porta sia compatibil­e con la testa di Serena. La mia risposta è: “Assolutame­nte sì”».

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(Mario Proto) Studentess­a Serena Mollicone aveva 18 anni quando fu uccisa nel 2001

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