Linee, colori: la casa assemblata come i quadri di Mondrian
La mostra milanese al Mudec, dedicata a Piet Mondrian, ha riacceso un faro su questo artista olandese, tra i fondatori del neo-plasticismo. Il movimento venne fondato nel 1917 da Theo Van Doesburg, lo stesso Mondrian, Bart Van der Leck, dagli architetti Jacobus J. Pieter Oud e dal poeta Antony Kok. In seguito vi aderirono anche Gerrit Rietveld e il regista Hans Richter. L’idea alla base era di partire da elementi bidimensionali accostandoli secondo nuovi rapporti reciproci, in modo da dare vita a una nuova plasticità. Van Doesburg capì subito che questo processo non serviva solo a dipingere quadri o realizzare sculture astratte ma anche a ricostruire l’ambiente urbano nel suo insieme. Le prime applicazioni pratiche di questa dottrina, nel campo dell’architettura, si ritrovano nel progetto di Van Doesburg per il monumento a Leeuwrden e in una casa a Nordwijkerhout, nei mobili di Rietveld (tra cui la celeberrima sedia Red & Blue). Ma
l’esempio più famoso è probabilmente la villa a Utrecht, realizzata da Rietveld nel 1924, oggi patrimonio dell’Unesco.
La dimora nacque su richiesta della signora Truus Schröder; che, dopo la morte del marito, preferì abbandonare la sua residenza ottocentesca sulla Biltstraat di Utrecht e commissionò a Rietveld una casa più moderna per lei e le sue tre figlie. La casa fu teatro di numerosissimi cambiamenti progettuali, dovuti alle variabili esigenze della committente che la abitò fino alla morte, nel 1985.
La casa Rietveld Schröder si distingueva nettamente dai progetti dell’epoca e fu costruita su un lotto in periferia, in fondo a una serie di case a schiera di impronta classica. Hanneke, una delle tre figlie di Truus, un giorno tornò da scuola in lacrime perché aveva
dovuto dire agli altri bambini che non abitava in quella «casa strana», altrimenti si sarebbero burlati di lei.
La villetta è come un quadro di Mondrian a tre dimensioni: le facciate, un insieme di piani e linee separati gli uni dagli altri, si aggregano reciprocamente senza fondersi. Sempre in equilibrio tra planarità e linearità, questi elementi, dalle forme regolari, dialogano secondo logiche rigorose e si differenziano attraverso un preciso codice cromatico. All’interno, il piano terra adotta una distribuzione degli spazi abbastanza tradizionale. Il piano superiore, invece, è un open space dinamico, in cui pannelli scorrevoli possono aprirsi e chiudersi configurando tre camere da letto, un bagno e un soggiorno, oppure spazi unici più ampi. Ad esempio, la camera della signora Schröder è piuttosto piccola, ma può diventare un tutt’uno col disimpegno del bagno e, da qui, confluire nella stanza delle figlie e nel salotto.