Corriere della Sera

Berrettini resiste all’onda Alcaraz «I miei segreti: muscoli e cuore»

Prova di forza e di crescita all’Australian Open. Negli ottavi il n.7 trova Carreno Busta

-

I muscoli del gladiatore, da soli, non sarebbero bastati. «Ci ho messo il cuore». Così, con un palpito in più, Matteo Berrettini esce vivo dal corpo a corpo di Melbourne con Carlos Alcaraz, l’ercolino di Murcia classe 2003 che viaggia con sette anni di anticipo sul romano e fa paura a tutti.

Non è solo una partita di tennis. È una prova del fuoco per il n.7 del mondo, un rito di passaggio contro uno spicchio di futuro: Matteo taglia la sua linea d’ombra in quattro ore e 10’, cade e si rialza, stringe i denti («Dal mio angolo mi facevano segno di avere un cuore enorme, non importa quanto stai soffrendo né quanto sei stanco...»), archivia l’Imodium del primo turno con Nakashima e la partenza lenta del secondo con Kozlov; con Alcaraz il livello sale, entriamo in un altro torneo. Chi è stupito dalla tenuta di Berrettini, è servito: «Avevo studiato Carlos, so cosa gli piace fare. Già rispondeva bene, ma è migliorato anche alla battuta. Però avevo preparato la partita alla perfezione».

Vietato abbassare le percentual­i del servizio, infatti per due set Berrettini è una macchina da guerra (alla fine Matteo farà registrare il 71% di prime e il 78% di punti vinti sulla prima, senza esagerare con gli ace, 10). Vola due set a zero sullo spagnolo (6-2, 7-6), ne subisce il ritorno nel terzo (6-4: «Se quella risposta sul 4-3, 15-30 non fosse uscita di due millimetri magari parleremmo di una partita vinta in tre set, ma il tennis è così, lui è stato bravo a rimanere agganciato al match e a sfruttare le occasioni che un po’ gli ho concesso io e un po’ si è preso lui»), si assenta nel quarto (6-2), poi ricomincia il wrestling. Il super tie-break (a dieci punti) che l’Australian Open prevede nel quinto premia Matteo, che nella circostanz­a si conferma un drago: vedi Monfils all’Open Usa 2019 e le due sfide dell’anno scorso con Djokovic a livello Slam (Parigi e Wimbledon): «Sono un tennista abituato ai tiebreak, ne gioco parecchi e so affrontare con aggressivi­tà i punti importanti — spiega —. Non ho tanti segreti: il mio gioco ruota intorno al servizio e al dritto, per me è importante sentirmi in fiducia e colpire bene la palla».

Finisce in parità, 159 punti per ciascuno, ma poiché nel tennis i punti non sono tutti uguali, è Berrettini ad annettersi quelli chiave. Come? «Ho detto a me stesso che avrebbe vinto il match chi lo voleva di più, quindi immagino che lo volessi di più io. Ho ripetuto a me stesso di essere pronto a tutto: alla fine

si tratta di non arrendersi, lottare e provare a fare la cosa giusta. Penso che questo abbia fatto la differenza tra di noi». L’avvenire di Alcaraz è solo rimandato. Matteo ci scherza su: «A 18 anni è un giocatore incredibil­e, alla sua età io non avevo nemmeno un punto Atp... Sono impression­ato dal livello del suo tennis e dal suo potenziale. E la cosa pazzesca è che può solo migliorare».

Negli ottavi di un Australian Open che si prepara allo show down tra vecchia guardia (Nadal), giovani leoni (Sinner) e terra di mezzo (Medvedev e Zverev, entrambi in corsa per la poltrona di numero uno in caso di successo nel primo Slam stagionale), Berrettini pesca Pablo Carreno Busta, n.21 del ranking, lo spagnolo anomalo (6 titoli in carriera, tre sul cemento, due semifinali all’Open Usa): «Ci siamo allenati insieme ma non ci sono precedenti in match ufficiali. Lui ama giocare in Australia, sul duro, anche se molti sono ancora convinti che Pablo preferisca la terra». Molti, ma non Matteo.

Gaia Piccardi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

 ?? (Epa, Afp) ?? Muscoli Matteo Berrettini, 25 anni, mostra il bicipite a Carlos Alcaraz, 18, battuto ieri
(Epa, Afp) Muscoli Matteo Berrettini, 25 anni, mostra il bicipite a Carlos Alcaraz, 18, battuto ieri
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy