La scelta dei razzi dalle navi per aggirare i rischi dei raid aerei
I cruise Kalibr arrivano dal Mar Caspio, gli ipersonici Kinzhal da jet in volo sul Mar Nero. I caccia di Mosca compiono più missioni ma l’aviazione e la contraerea ucraine danno battaglia
Irussi bersagliano l’Ucraina dal mare con i missili, martellano con le artiglierie le città, riorganizzano le posizioni. Chi osserva il conflitto sottolinea come l’invasore incontri difficoltà, evidenziate dalla possibile uccisione del vice comandante della Flotta del Mar Nero.
Il ruolo delle corvette
Ieri la componente navale ha svolto un ruolo più marcato con le corvette classe Buyan, presenti nel Caspio e vicino alla costa meridionale. Unità che hanno alle loro spalle esperienze nella guerra siriana dove avevano già lanciato ordigni verso terra ed esercitazioni in dicembre, un anticipo di quello visto adesso. Così hanno impiegato i cruise Kalibr per battere impianti militari. Altri ordigni hanno raggiunto una caserma di volontari a Zhytomir (Nord Ovest). Altro «fuoco» dal largo sui quartieri di Mariupol, ancora con le corvette, mentre davanti a Odessa è in perenna attesa la task force anfibia. I russi hanno poi lanciato l’ipersonico Kinzhal da un aereo in volo sul Mar Nero, il target dichiarato era un deposito di lubrificanti. Una scelta costosa e con un sistema che non abbonda nell’arsenale di Putin ma che assicura, sulla carta, maggiore precisione. Tuttavia un esperto americano ha avanzato dubbi sul battesimo del fuoco del Kinzhal: lo strike — sostiene — ha centrato una fattoria nell’Est e non un bunker.
La lotta nei cieli
Il ricorso ai missili e alla Marina è in alternativa all’aviazione. Secondo il Pentagono le missioni aeree sono aumentate — ora circa 200 al giorno — mentre l’aviazione ucraina si limita a circa 10, a cui si aggiungono i droni turchi. I caccia di Mosca, però, devono sempre affrontare la minaccia della contraerea di Kiev, piuttosto efficace, affidata agli Stinger portatili e probabilmente a mezzi che possono intercettare a quote più alte. La Slovacchia fornirà i suoi S300 e in cambio riceverà batterie di Patriot olandesi e tedeschi (era la pre-condizione). E gli Usa rimarcano anche che l’aviazione ucraina, nonostante la sproporzione di forze, opera ancora e mantiene l’80% del proprio dispositivo. Mariupol continua ad essere al centro di scontri feroci, con molte vittime mentre dozzine di cittadini sarebbero stati deportati in Russia. Devastanti anche le conseguenze materiali: sarebbe stata distrutta anche la Azovstal, una delle più grandi acciaierie d’Europa. Se la città cade, i russi prenderebbero il controllo di un porto importante sul Mar d’Azov e soprattutto aprirebbero un corridoio per connettere la Crimea al Donbass, controllato dalle forze filorusse che cantano successi. Battaglia costosa anche per chi attacca: sempre a Mariupol sarebbe stato ucciso il vice comandante della flotta del Mar Nero, Andrey Paliy. Nativo di Kiev (allora sovietica), aveva ricoperto incarichi importanti, compreso quello di numero 2 dello schieramento russo in Siria. Il suo nome si aggiunge a quello di 4 generali che sarebbero caduti in battaglia.
Raggiunto il «picco»
Sugli altri fronti i progressi restano limitati e da sabato l’avanzata sarebbe di nuovo in pausa per far arrivare alle prime linee rifornimenti. In alcuni casi i russi sono stati ricacciati
Mille vittime al giorno Sarebbero i morti o feriti russi secondo una stima effettuata dal «Washington Post»
indietro. Per questo, chiusa la prima fase, le truppe si stanno «trincerando» in alcuni settori in attesa di sviluppi. Sono «vicine» a Kiev, ma non sono in grado di circondarla. Troppe le direttrici su cui muovere senza avere le risorse. La maggior parte degli analisti è che l’Armata ha raggiunto il suo massimo e deve limitarsi a tenere ciò che ha conquistato. Quindi mantiene la pressione con le artiglierie. Oppure ingaggia le difese con incursioni che alla fine comportano perdite, strategia di logoramento che incide sui duellanti. Fonti di intelligence citate dal Washington Post parlano di mille russi feriti o morti ogni giorno. Un ricercatore dell’istituto britannico Rusi tuttavia ha ribattuto che i soldati dello zar si sono adattati alla situazione difficile e rappresentano una minaccia. Un richiamo a non sottovalutare la potenza distruttrice dell’invasore.