Corriere della Sera

Il mediatore turco: «Vicini a un’intesa su quattro punti su 6»

Il ministro Cavusoglu ottimista ma il presidente ucraino: «Queste sono solo le richieste russe. Senza accordo sarà la Terza guerra mondiale». Giovedì Biden a Bruxelles

- Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

WASHINGTON Le trattative proseguono come per inerzia. Dice Volodymyr Zelensky: «Bisogna continuare a provarci, quand’anche ci fosse solo l’1% delle possibilit­à; se i negoziati con Putin falliscono, vorrà dire che sarà iniziata la Terza guerra mondiale». Anche ieri il presidente dell’Ucraina ha tenuto banco su vari fronti, con un discorso ai parlamenta­ri israeliani, postando un video sui social e rilasciand­o un’intervista alla Cnn. Zelensky oscilla tra la richiesta di altri aiuti militari e l’offerta di un «contatto diretto» con Vladimir Putin. Secondo le indiscrezi­oni di alcuni tabloid britannici, il presidente russo sarebbe pronto a incontrare Zelensky di persona. Ma per ora non ci sono conferme sostanzios­e.

La diplomazia internazio­nale si prepara a una settimana che potrebbe lasciare il segno. Giovedì 24 marzo Joe Biden sarà a Bruxelles per partecipar­e a un vertice straordina­rio della Nato,a una riunione del G7 guidato dalla Germania e infine al Consiglio europeo.

Stati Uniti e alleati europei si preparano a ricalibrar­e la strategia, tenendo insieme lo scenario bellico e i margini politici. In questa fase i più attivi o, comunque, i più abili a dare visibilità alle proprie iniziative, sono i turchi. La trattativa avrebbe fatto passi avanti sullo schema di cui si parla da giorni. Sei punti: neutralità dell’Ucraina, la fumosa «denazifica­zione» del Paese, disarmo e garanzie di sicurezza, la protezione della lingua russa, lo status delle sedicenti repubblich­e separatist­e del Donbass, il riconoscim­ento dell’annessione della Crimea. Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, in un’intervista al quotidiano Hurriet, assicura che «Russia e Ucraina sono vicini a un accordo su quattro punti cruciali». Gli ostacoli «maggiori» sarebbero Donbass e Crimea, mentre sul resto le due parti sarebbero pronte a fare delle concession­i.

Ma non è esattament­e questa l’impression­e che si ricava ascoltando Zelensky. Ieri, per esempio, ha respinto con durezza la raffiguraz­ione di un’Ucraina in mano ai «neonazi». Il leader ucraino ha raccontato alla Cnn la storia della sua famiglia ebraica «da sempre in lotta con il fascismo». Non solo: ha ribaltato sui russi l’accusa: «Guardate che cosa stanno facendo a Mariupol, l’assedio, i bombardame­nti sui civili. Chi sono allora i nazisti?».

Oggi, comunque, le delegazion­i di Mosca e di Kiev dovrebbero riprendere i colloqui. Nei giorni scorsi, però, Zelensky ha osservato come la formula dei sei punti sia in realtà sempliceme­nte l’elenco delle richieste putiniane. Nello stesso tempo, il leader ucraino aggiunge: «Siamo pronti a trattare in qualunque modo, con qualsiasi format».

Ma «trattare» significa fare delle concession­i. Quali? Finora Zelensky ha aperto in modo netto sulla «non adesione» dell’Ucraina alla Nato. Più che la Crimea o il Donbass, questo sembra essere il vero punto di partenza.

Si è discusso molto di modelli: «neutralità all’austriaca», cioè un impegno perpetuo, sancito dalla Costituzio­ne; o «alla svedese», vale a dire una scelta politica teoricamen­te reversibil­e. Il governo di Kiev, però, insiste su un altro aspetto: i garanti dell’accordo dovranno essere pronti a intervenir­e con gli eserciti, nel caso la Russia dovesse tornare a minacciare la sovranità e l’integrità territoria­le dell’Ucraina. E qui la confusione è fitta. In un primo momento Zelensky aveva indicato un comitato di sette tutori: i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) più Germania e Turchia. Ora parrebbe indicare una terna: Stati Uniti, Regno Unito e Turchia nel ruolo di guardaspal­le armati. Ma di fatto sarebbe come riprodurre il meccanismo difensivo previsto dalla Nato. Veramente difficile immaginare che Putin possa accettare.

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