«Mio padre aiutò a costruire la centrale di Zaporizhzhia Felice che non possa vedere»
Lo scrittore dissidente Shenderovich: noi russi condannati all’isolamento
«La tarda versione dell’Urss era un impero e, come in ogni impero, il centro non solo sfruttava le province, ma vi promuoveva i suoi valori di civiltà. Tuttavia l’Ucraina non è mai stata una regione sovvenzionata e arretrata. Il contributo era reciproco: cinema, scienza, medicina, calcio ucraini (il leggendario club “Dinamo” di Kiev seguito da Valeriy Lobanovskyi) hanno portato gloria all’Urss. Mio padre, ingegnere energetico, con il suo istituto di progettazione dal nome impossibile Atomteploenergoproekt, partecipò alla costruzione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. E mi ha fatto piacere sentire dagli ucraini (dopo il bombardamento dell’impianto da parte delle truppe di Putin) parole rassicuranti sul suo livello di sicurezza... Ma per la prima volta dalla morte di mio padre e dall’inizio della guerra, ho pensato: è un bene che i miei genitori non possano vedere questa disgrazia».
Viktor Shenderovich è un famoso autore satirico russo. Il suo programma tv di burattini Kukly fu sospeso nel 2000 (Putin era rappresentato come un nano malvagio). Critico della guerra in Cecenia, tra i promotori della raccolta firme «Putin dimettiti», candidato alla Duma,
Shenderovich alla fine lasciò la Russia nel 2015: classificato come «agente straniero», rischiava l’arresto per diffamazione.
In ogni post su Facebook lei specifica ancora di essere un «agente straniero».
«Per me conta poter scrivere ed essere letto. Senza questa scritta potrebbero bloccare del tutto i miei testi, farmi causa, congelarmi i conti, espropriarmi i beni... Non ho intenzione di aiutarli».
L’invio di soldati dalla Cecenia e dal Medio Oriente può cambiare il corso della guerra?
«No. Putin non può conquistare l’Ucraina. Solo che, ogni giorno, ci saranno sempre più vittime».
Le sanzioni funzionano?
«La prima serie non ha prodotto i risultati attesi dall’Occidente per via del basso impatto sui beni materiali, dell’abitudine dei russi alla povertà, della mentalità paramilitare e della tradizionale volontà di sopportare qualsiasi difficoltà anziché colpire la fonte. Tutto ciò ha favorito Putin. Le sanzioni attuali saranno molto più percepibili, anche se la maggior parte dei russi non se ne rende ancora conto. Se Putin sopravvive e rimane al potere, alla lunga ci aspetta un isolamento completo: una versione politico-economica dell’odierno Turkmenistan. Le sanzioni in era sovietica erano più facili da sopportare: noi russi non sapevamo del benessere in cui si può vivere.
Gli iPhone non c’erano e stavamo benissimo senza scarpe italiane perché non sapevamo che esistessero...».
La minaccia di una guerra nucleare è concreta?
«È molto reale. Putin non è più solo un ricattatore. Sembra avere una coscienza alterata, con una piega messianica. Non è giovane né molto sano e si è giocato la possibilità di restare libero dopo aver perso il potere... Non ha niente da perdere. Il confronto con l’epoca sovietica non aiuta: c’era una specie di mente collettiva che lavorava con contrappesi interni e una specie di élite politica. L’élite di Putin è formata da zombie».
Chi sono i russi che lo ascoltano?
«Persone ingannate dalla propaganda e con la sindrome di Stoccolma. Chiudere l’accesso all’informazione oggi è impossibile. Ma si può corrompere moralmente il popolo al punto che avrà paura di cercare la verità».
Cosa pensa della giornalista Marina Osvyannikova con il cartello «No war»?
Il confronto con l’era sovietica non aiuta: allora c’era una élite politica, con Putin ci sono solo zombie
«Che sia stato un atto personale o il risultato di una lotta tra forze di influenza nel Cremlino, il gesto giova al processo di liberazione futura dal potere di Putin».