Colpire il petrolio? L’ipotesi agita l’Europa Il progetto di una forza da 5 mila soldati
In discussione un altro pacchetto di provvedimenti contro Mosca Sul tavolo uno stop alle importazioni di idrocarburi: spinge la Polonia, Germania più cauta. Di Maio: sì alle misure
BRUXELLES Per il quinto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina si dovrà attendere il Consiglio europeo di giovedì e non è detto che nemmeno allora i leader Ue trovino la quadra per colpire il petrolio di Mosca. Ma ieri «non era questa una giornata destinata a prendere decisioni, quindi non ne abbiamo prese», ha detto l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, nel tentativo di continuare a mostrare compattezza tra gli Stati membri, al termine del Consiglio Affari esteri, che insieme al Consiglio Difesa ha approvato lo «Strategic compass» che definisce la strategia Ue in materia di sicurezza e difesa per i prossimi 5-10 anni (inclusa la capacità di intervento rapido da 5 mila soldati).
Eppure ieri mattina l’appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un messaggio su Telegram, non lasciava dubbi: «Per favore, non sponsorizzate le armi di questa guerra — ha detto riferendosi all’Ue —. Niente euro per gli occupanti, chiudete loro tutti i vostri porti, non inviate loro le vostre merci, rifiutate le risorse energetiche. Costringete la Russia a lasciare l’Ucraina». Poi si è rivolto direttamente alla Germania: «Voi avete la forza, l’Europa ha la forza». «Senza scambi con voi, senza le vostre aziende e le vostre banche — ha aggiunto — la Russia non avrà più soldi per questa guerra».
È da tempo che la Polonia e i Paesi Baltici chiedono di colpire Mosca al cuore, bloccando le esportazioni di idrocarburi che stanno finanziando la guerra. Per il ministro lituano Gabrielius Landsbergis «è inevitabile affrontare il settore energetico, in particolare petrolio e carbone che sono facilmente sostituibili». Anche Irlanda, Slovacchia e Romania si dicono «aperti» al dibattito. Per il ministro rumeno Bogdan Aurescu «dobbiamo essere aperti ad adottare più sanzioni contro la Russia e combattere propaganda e disinformazione». Ma i Paesi Ue sono divisi. «Se potessimo fermare le importazioni di petrolio dalla Russia lo faremmo automaticamente», ha detto la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. «Non è una questione se lo vogliamo o no, ma quanto siamo dipendenti e per esempio la Germania importa molto petrolio dalla Russia e come noi altri Paesi dell’Ue. Ecco perché è importante che parliamo tra noi, capire come possiamo ridurre questa dipendenza». Ha anche aggiunto, quasi rispondendo a Zelensky, che «se potessimo lo faremmo, ma ora ci stiamo preparando per compiere questo passo nel futuro, il più presto possibile». Contraria a sanzioni in ambito energetico anche Budapest: «Non sosterremo sanzioni che mettono a repentaglio la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro degli Esteri Peter Szijjarto. Cautela anche da parte dell’Olanda. Quanto al nostro Paese, è chiaro che l’Italia sarebbe in difficoltà per un taglio delle importazioni di gas e petrolio dalla Russia. Ma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha ribadito che «siamo pienamente aperti a un quinto pacchetto di sanzioni, non ci sono veti da parte italiana, aspettiamo la proposta della Commissione europea». E ha ricordato che «sull’energia siamo impegnati, fin dal primo giorno di questa crisi, a diversificare le nostre fonti di approvvigionamento». Il punto centrale, lo ha sottolineato Borrell, è «definire una risposta efficace che non rappresenti un costo insostenibile per gli Stati europei». Intanto i ministri Ue hanno raggiunto l’accordo per altri 500 milioni nell’ambito dell’European Peace Facility, che portano a un miliardo l’aiuto a Kiev per l’acquisto di armi.
Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha anche invitato ad «affrontare seriamente la sfida della sicurezza alimentare mondiale». Nella bozza della comunicazione su questo tema che la Commissione Ue presenterà domani si sottolinea che l’accesso ai prodotti alimentari in Europa è a rischio «per la famiglie a basso reddito».