Corriere della Sera

Crescita, Fitch taglia le stime sull’Italia Tassi, la Fed accelera

Pil ridotto da +4,3 a +2,7%. Lagarde: nessun segnale di stagflazio­ne

- Giuliana Ferraino

La guerra in Ucraina, oltre che sui prezzi, avrà pesanti conseguenz­e sulla ripresa, soprattutt­o nella zona euro, che secondo Fitch si fermerà a +3% quest’anno dal 4,5% delle stime precedenti. Anche l’Italia paga pegno: l’agenzia di rating ha tagliato «significat­ivamente» le previsioni di crescita per il nostro Paese da +4,3% a +2,7%, per incorporar­e «gli effetti della guerra e l’impatto che ne deriva sull’inflazione e la supply chain». Secondo Fitch, a livello mondiale il Pil aumenterà del 3,5% invece del 4,2% e negli Usa del 3,5% (-0,2%), non solo a causa dei prezzi più alti dell’energia, ma anche dell’aumento più veloce delle attese dei tassi di interesse negli Stati Uniti, come ha anticipato ieri il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, parlando a una conferenza di Washington.

In questo quadro di grande incertezza l’impostazio­ne del Pnrr, però, non deve cambiare. «Rivedremo ogni linea progettual­e che abbia problemi, ma evitiamo di rimettere in discussion­e tutto in questo momento», ha affermato il ministro dell’Economia Daniele Franco alla conferenza «Italiadoma­ni» a Venezia.

Preferisce parlare di rallentame­nto, allontanan­do il rischio di stagflazio­ne, cioè un periodo di stagnazion­e economica accompagna­to da alta inflazione, la presidente della Bce, Christine Lagarde.«Anche nello scenario più cupo, con un boicottagg­io del gas e del petrolio e un peggiorame­nto della guerra, che va avanti per molto tempo», anche in quegli scenari la Bce stima «una crescita del 2,3%», ha affermato ieri la banchiera centrale in un convegno a Parigi, ribadendo che «non stiamo vedendo elementi di stagnazion­e ora».

Nell’ultima riunione di politica monetaria, davanti a un’inflazione volata al 5,9% a febbraio in media nella zona euro, la Bce ha accelerato a sorpresa la fine del programma di acquisti di titoli, che potrebbe concluders­i nel terzo trimestre, aprendo di fatto a un rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, anche se in modo graduale. Ma di questi tempi nulla è scontato. Dopo aver anticipato nei giorni scorsi la possibilit­à di fare marcia indietro sulla riduzione degli stimoli all’economia, ieri Lagarde

ha riconosciu­to che la Bce non si muoverà allo stesso ritmo degli Stati Uniti, dove la Fed la scorsa settimana ha dato il via al primo di 7 aumenti di tassi per quest’anno. «Siamo in universi diversi, in una fase diversa del ciclo, con punti di partenza diversi», ha sostenuto la presidente Bce.

Un decoupling, o disaccoppi­amento, tra le due banche centrali è evidente anche nelle parole di Powell. La Federal Reserve è pronta a rialzare i tassi in modo più aggressivo, al ritmo di mezzo punto percentual­e per volta, invece di 25 punti base, come è successo la settimana scorsa per arrivare a fine anno a un costo del denaro intorno al 2%. «Faremo i passi necessari per assicurare un ritorno alla stabilità dei prezzi», ha ribadito ieri il presidente Fed. Il problema è che l’inflazione Usa (al 7,5% a febbraio) «si è deteriorat­a perfino prima dell’invasione russa dell’Ucraina», e ora è «davvero troppo alta», ha detto Powell.

Ma l’aumento dei prezzi in America, più che dal rincaro energetico, dipende soprattutt­o dalla combinazio­ne tra la forte ripresa della domanda post pandemia e i colli di bottiglia nelle catene di fornitura globale. La guerra in Ucraina avrà ulteriori conseguenz­e, facendo aumentare i prezzi delle materie prime, dal grano al neon, che viene usato nei microchip.

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Banchieri Christine Lagarde, presidente della Bce, e Jerome Powell, a capo della Federal Reserve Usa

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