Corriere della Sera

Pioli e Spalletti sanno cambiare La stabilità di Inzaghi ora è un limite

- Di Mario Sconcerti

Milan e Napoli sono adesso gestite in modo molto diverso dall’Inter. L’Inter gioca sempre con la stessa formazione, quando cambia è perché ha infortuni o squalifich­e, non nuove idee tattiche. Questo è più un lusso che un vantaggio, è difficile in dieci mesi di campionato contare sempre sugli stessi giocatori. Si è spesso detto che l’Inter ha una rosa titolari più vasta delle altre ma era un’idea a metà. L’Inter ha una superiorit­à in attacco dove con Correa e Sanchez completa un attacco nell’insieme certamente superiore agli avversari, ma nel resto della squadra, in ruoli fondamenta­li come il cuore del centrocamp­o e della difesa, è ferma a Vecino, Vidal, Ranocchia e D’Ambrosio. Ottimi, ma come le riserve degli altri. Forse meno. Non credo a una crisi tecnica dell’Inter, credo alla fatica mentale della squadra, alla noia verso se stessi, i risultati e l’allenatore. L’Inter non si diverte più giocando. Sono sempre gli stessi, costretti ad andare avanti per salvare la propria innocenza. Qui comincia la responsabi­lità di Inzaghi. Ha un gioco solo e con un’unica variazione: la sua squadra è la stessa più un dubbio quasi filosofico tra Dumfries e Darmian. Sono convinto che Inzaghi farebbe sempre giocare Darmian, che è uno degli stabilizza­tori del gioco interista. Dumfries gli colpisce la fantasia ma lo trova spinto, quasi poco morale, come fosse un peccato per la sua religione tattica.

A tre quarti della strada è difficile che una squadra da sola ritrovi l’antica fantasia, tocca al tecnico dargliela. Ma Inzaghi considera una conquista avere una squadra già trovata, sperimenta­ta. E non ha giocatori capaci di cambiarla. In tre assenze di Brozovic è stato costretto a inventarsi prima Barella, poi Vecino,

infine Calhanoglu. Bocciature troppo prevedibil­i. Si poteva alterare il gioco, avvicinare Barella e Gagliardin­i in mediana e spostare Calhanoglu al centro, più avanzato nel triangolo. O un’altra qualunque soluzione. Bisognava soprattutt­o avere una riserva di Brozovic, Sensi per esempio, che adesso gioca e torna in Nazionale. Non essersi potuto permettere un ricambio è imperdonab­ile. Ma è proprio qui che Inzaghi mostra la sua inesperien­za, nella poca flessibili­tà. Non ha altre idee, non le cerca. Il grande allenatore si vede quando è in difficoltà, prende in mano la situazione. Inzaghi dà l’idea di tirare in aria una moneta. Trovata la squadra, tocca alla squadra dare. Non è così. Questa Inter è figlia di una crisi economica. Un anno fa cominciò il campionato avendo in panchina Nainggolan, Sensi, Young, Eriksen per non dire Kolarov, Dalbert e Pinamonti, 9 reti adesso. Ma oggi è al minimo, ha tenuto Veci

no e Vidal perché invendibil­i, è normale faccia fatica.

Diversa la gestione di Pioli e Spalletti. Hanno avuto molti più infortuni, sono stati continuame­nte costretti a inventarsi formazioni. Mentre l’Inter cercava di andare oltre il suo momento di eccessiva stabilità, Pioli ha cambiato tutto il Milan con una mossa: ha sostituito Diaz con un terzo centrocamp­ista di ruolo, aggiungend­o Kessie a Tonali e Bennacer. È una mossa profonda, mai immaginata da Pioli. La prova è che i centrocamp­isti in rosa sono solo quattro. Con tre in campo, la riserva di tutti resta solo Krunic, utile ma con qualche limite. Sostituire un trequartis­ta in un lungo momento difficile, con un centrocamp­ista dell’importanza di Kessie, ha dato al Milan una possibilit­à di gestione del gioco forse decisiva. Ora ha meno paura anche delle partite distraenti perché ha sempre in mano il gioco. Accelera quando ha bisogno

e gestisce il resto, da squadra completa.

Anche di più ha fatto Spalletti. Il suo Napoli è forse la squadra più corretta fra le tre di testa, nel senso che ha in tutti i ruoli giocatori giusti, non ha falsi equilibri né li deve cercare. Ma Spalletti ha fatto l’allenatore vero togliendo improvvisa­mente dal campo due colonne portanti della manovra, Zielinski, riferiment­o offensivo, e Insigne, riferiment­o di qualunque altra cosa. Una specie di vero contro vangelo, nessuno l’aveva mai provato a Napoli. Ma è il pugno dell’allenatore che ha idee e tiene in mano la squadra. Domani poi è un altro giorno, ma oggi serviva quello, un eccesso per riavere l’ordine.

È questa cattiveria di idee che manca a Inzaghi, ottimo tecnico un po’ troppo stabile. Mentre uno scudetto è lungo, molto lungo. Soprattutt­o variabile.

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Milan Stefano Pioli, 56 anni, in rossonero da ottobre 2019 (Afp)
 ?? (Getty Images) ?? Napoli Luciano Spalletti, 63 anni: secondo in classifica
(Getty Images) Napoli Luciano Spalletti, 63 anni: secondo in classifica
 ?? (LaPresse) ?? Inter Simone Inzaghi, 45 anni: i nerazzurri sono in crisi
(LaPresse) Inter Simone Inzaghi, 45 anni: i nerazzurri sono in crisi

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