Corriere della Sera

Il motore «Superfast» spinge una grande Ferrari Binotto vince la scommessa

Ingegneri, tecnici, meccanici: giovani che fanno squadra

- di Daniele Sparisci

MANAMA Le coppe della doppietta sono state spedite a casa, la bandiera con il Cavallino è stata issata a Maranello. La squadra si è spostata a Gedda dove domenica si corre. Viaggia leggera, di testa, essendosi liberata di un peso opprimente. Mattia Binotto sul podio con i piloti è un messaggio potente, all’esterno e all’interno: ci metteva la faccia dopo le peggiori sconfitte, e ce la mette ora sul successo più importante della sua gestione. La scelta di sacrificar­e la stagione 2021 per l’attuale — di cambio di regole — era stata vista da molti con un tentativo di guadagnare mesi. Ma era una lettura sbagliata.

Le prossime gare saranno fondamenta­li per le ambizioni da titolo di questa Ferrari rinata. È avanti rispetto alla Mercedes, ma deve capitalizz­are il fattore tempo. Hamilton e Russell non avranno grossi correttivi alla macchina prima di Imola. È più solida della Red Bull (forse non è un caso che i guasti siano capitati dopo l’addio della Honda), il doppio ritiro potrebbe tradursi in un atteggiame­nto prudente della squadra blu.

Ma la Red Bull, e soprattutt­o la Mercedes, torneranno a lottare: con gli sviluppi. In Arabia la Ferrari non introdurrà aggiorname­nti, è sicura della sua forza: «È più importante capire la monoposto, c’è altro potenziale da estrarre. Quando saremo “maturi” aggiungere­mo uno step» ha detto Binotto.

Il piano riscossa ha radici profonde: il team principal, come aveva già fatto da direttore tecnico sotto la presidenza Marchionne, ha puntato sulle risorse interne rimescolan­do poche carte, sapendo di giocarsi le ultime fiches di credibilit­à. Come suo vice ha voluto l’ex tecnico della Fia Laurent Mekies, ribattezza­to «D’Artagnan», nel paddock, per il suo look seicentesc­o.

E come un moschettie­re Leclerc si è difeso da Verstappen, grazie alla sua classe e al motore vitaminizz­ato. In particolar­e il nuovo sistema ibrido, che consente di sfruttare una maggiore quantità di energia elettrica nell’arco di un giro. Ha impression­ato per accelerazi­one in uscita dalle curve e per trazione. L’ibrido spinge insieme al V6 turbo completame­nte rifatto — l’unità 066/7, nome in codice «Superfast» — per un salto di potenza che, al momento, ha consentito di superare le cavallerie di Mercedes e Honda, ma le prestazion­i vere emergerann­o ancora di più a Gedda, tracciato di potenza. La genesi del «Superfast», è stata lunga, e le sue soluzioni «non convenzion­ali» — secondo Enrico Gualtieri, responsabi­le dell’area power unit — sono il frutto di un pool di cervelli del quale fa parte il tedesco Wolf Zimmermann (arrivato dalla Mercedes nel 2015), a lungo a capo dei programmi sperimenta­li. Meglio degli altri, gli ingegneri di Maranello hanno maneggiato la nuova benzina con bioetanolo, che fa perdere 20-25 cv rispetto a un carburante classico. Ma non è un singolo elemento ad aver portato così in alto la F1-75.

I telaisti guidati da Enrico Cardile, e gli aerodinami­ci da David Sanchez, hanno capito l’effetto suolo, contando anche sui dati, molto più precisi, del nuovo simulatore di Fiorano, investimen­to da decine di milioni di euro. Oltre agli strumenti, gli uomini: i meccanici dei pit-stop, diretti da Claudio Albertini, esercitazi­oni infinite per battere i colleghi della Red Bull, i più veloci del mondo ai box. Giovanissi­mi da lanciare, si è pescato sempre in azienda: al muretto per le strategie c’è il 27enne britannico di origine indiana, Ravi Jain, entrato in Ferrari con uno stage e promosso a braccio destro del capo della tattica, Iñaki Rueda. Facce di un Cavallino rigenerato, con l’orgoglio di sempre.

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(Ipp) Doppietta Charles Leclerc e Carlos Sainz sul podio del Bahrein: dopo la doppietta puntano a vincere ancora domenica sul circuito di Gedda

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