Il giallo del furto nella basilica Rubate le reliquie di San Nicola
Bari: spariti l’anello, l’evangeliario e una croce. Cattolici e ortodossi pregano insieme
Il furto lo ha scoperto il sacrestano della basilica alle sei di ieri mattina. Nella mano sinistra della statua del santo mancava l’Evangeliario con tre palle d’argento e una croce in argento con gemme incastonate, mentre da un dito della mano destra era stato sfilato un anello d’oro. Sparita anche la collana reliquiaria, un medaglione contenente la cosiddetta manna, cioè il liquido purissimo che scaturirebbe dalle ossa del santo. È stata svuotata persino la cassetta delle offerte.
Derubare San Nicola. A Bari. Il centro mondiale del culto di uno dei santi venerati sia dai cattolici che dagli ortodossi. Derubarlo nella città in cui sono intitolate a lui sia la basilica romanica che custodisce le reliquie del santo di Myra (l’attuale Demre, in Turchia), sia la chiesa russo-ortodossa sovvenzionata dal governo russo fino alla rivoluzione del 1917. Derubarlo in uno dei luoghi di pellegrinaggio religioso più frequentati da Est e da Ovest: più di Venezia per San Marco, e non meno di Compostela fin dal secolo XI, quando i monaci cluniacensi spingevano per questa meta e l’agguerrita concorrenza dei normanni puntava invece su Bari. Ovvio che sindaco, vescovo, rettore della basilica, padri domenicani, e tutti i baresi indistintamente, anche quella minoranza che non si chiama Nicola, abbiano reagito con la stessa indignazione: gesto inqualificabile e meschino, furto sacrilego, oltraggio ai fedeli e alla città di cui San Nicola è il patrono. L’indignazione però non basta, quando hai un sistema di videosorveglianza che mostra poche e poco chiare immagini del ladro (uno) che si introduce nella cripta del santo coperto da un cappuccio e dalla ineffabile mascherina anti covid e di un complice (forse) che gli fa da palo. Se, come sembra dalle prime indagini , il ladro ha divelto una inferriata della torre campanaria, sfondato una porta d’ingresso e poi ha agito indisturbato per un paio di ore, bisogna concludere che l’energia extrasensoriale emanata dalle reliquie contro i malfattori, di cui parlava sant’Agostino, ha funzionato: perché è stato un miracolo se la refurtiva non è stata ben più corposa.
Il colpo vero però non è tanto nel valore economico del bottino, ma nell’oltraggio a un santo che in queste settimane di guerra — e per la verità negli ultimi 8 anni, se non vogliamo dimenticare i massacri nel Donbass — è stato invocato tutti i giorni nelle due chiese di Bari dalle comunità ortodosse russa e ucraina, unite in preghiere di pace sia nella chiesa russa sia nella basilica (dove pregano anche gli ortodossi). San Nicola è un santo ecumenico fin dal 1098, quando papa Urbano II convocò a Bari un concilio per ricucire lo scisma del 1054 e riunificare Oriente e Occidente.
Una «unità», religiosa almeno, di cui sono ben consapevoli russi e ucraini che ieri, alla notizia del furto, sono andati a pregare in basilica e, trovandola momentaneamente chiusa, hanno pregato
Nella notte
Un ladro a volto coperto ripreso dalle telecamere: ha agito di notte indisturbato
sul sagrato. Senza che alcuno chiedesse all’altro se fosse russo o ucraino. Perché, come scrive Charles W. Jones in San Nicola, biografia di una leggenda (Laterza), «il racconto russo della traslazione delle reliquie di San Nicola è uno dei più vecchi documenti della letteratura russa, ma quella traslazione avvenne sotto i principi Husvold di Kiev e suo figlio Vladimir».
Il resto è storia recente. Putin a Bari nel 2007 che, accanto a Prodi, bacia la sacra reliquia di San Nicola e Napolitano nel 2009 che consegna la chiesa russa al presidente Medvedev.