Corriere della Sera

I giovani e le fake news in rete Otto su dieci dicono di riconoscer­le

Lo studio Ipsos-Idmo. Il 60% degli italiani si fida delle notizie più condivise

- di Franco Stefanoni

Più si abbassa l’età, più aumentano i controlli sulle informazio­ni online per verificarn­e l’affidabili­tà, inclusa la presenza di fake news. Tra i giovani (18-30 anni), il 61% si accerta infatti di autori e link, il 56% fa comparazio­ni con altri indirizzi web, il 38% bada che il sito sia aggiornato. Percentual­i che crollano se l’età è quella compresa tra 31 e 50 anni, e tra 51 e 64 anni. Stesso discorso a seconda del grado d’istruzione: meno titoli di studio fa il paio con meno controlli. Uno scenario, quest’ultimo, che può portare a dare credito a notizie false.

La ricerca

Nel quadro fornito dall’indagine «Media e fake news» che Ipsos ha realizzato per Idmo (Italian digital media observator­y), l’hub nazionale coordinato da Gianni Riotta e partner di Edmo, task force europea contro la disinforma­zione, spicca come tra gli italiani non ci sia confusione sul significat­o stesso di fake news, si tratta di notizie tendenzios­e o completame­nte inventate, anche se quando c’è da valutare vero o falso la percezione cambia. Il 73% degli intervista­ti — mille persone sentite tra l’1 e il 4 febbraio, metà uomini e metà donne, dai 30 ai 64 anni, per il 45% senza diploma, il 37% diplomati e il 18% laureati — ritiene infatti di essere in grado di distinguer­e un fatto reale da una bufala. Tuttavia, se deve giudicare il comportame­nto degli altri, il pensiero è che appena il 35% sia altrettant­o capace di farlo. Una differenza di atteggiame­nto che, anche in questo caso, è più forte tra i più giovani e scolarizza­ti: quasi otto giovani tra i 18 e i 30 anni di età (quote oltre il 75%) crede più nella propria capacità di saper distinguer­e i fatti reali dalle fake news che il quella altrui.

I falsi più pericolosi

I falsi descritti come più pericolosi risultano essere quelli tendenzios­i, costruiti cioè per favorire particolar­i interessi. Il 60% degli intervista­ti crede che chi li diffonde sia consapevol­e del fatto che sono notizie scorrette e più di uno su tre (il 37%) è dell’idea che tale diffusione abbia alla sua radice un tornaconto economico. Sapere che cosa sia una fake news, analizza l’indagine chiesta da Idmo (tra i partner Rai, Tim, Tor Vergata, Newsguard, Gedi, Corriere della Sera, Fondazione Enel) non significa padroneggi­are il concetto di «affidabili­tà» delle informazio­ni. La quasi totalità degli italiani ha chiaro che una notizia controllat­a sulla pagina di un divulgator­e ( scienziati o debunker, soggetti che svelano i falsi) sia più affidabile, ma sono altrettant­e le persone che ritengono che la ripresa da parte di più mezzi d’informazio­ne, qualunque essi siano, rappresent­i un segno di correttezz­a di contenuto. Per il 60% notizia condivisa è sinonimo di affidabili­tà, mentre il 55% è dell’opinione che è ancora più attendibil­e se condivisa da un amico molto attivo sui social (quota che sale tra i più giovani e tra i meno istruiti, mentre scende nella fascia d’età 31-50 anni e tra chi ha più titoli di studio).

Le fonti di informazio­ne

In un Paese in cui sette persone su dieci attingono esclusivam­ente informazio­ni da fonti gratuite e solo una su quattro è disposta a pagare, con ampie quote di italiani che dichiarano di non avere nette opinioni riguardo a fatti di dibattito pubblico, non stupisce come risulti ben radicata una serie di credenze. Il 30% dei cittadini ritiene che l’acqua del rubinetto non sia salutare come quella in bottiglia e che l’Italia non sia il Paese con la percentual­e più alta di riciclo dei rifiuti in Europa. Il 23% avvalora il fatto che l’omeopatia sia in grado di curare, ma il 36% non è sufficient­emente informato per esprimersi al riguardo. Una proporzion­e anche maggiore (45%) non sa dire se la circostanz­a che l’Italia risulti il secondo Paese manifattur­iero d’Europa sia verità o bugia, sebbene chi lo ritenga falso sia solo il 13%.

Ancora: quasi il 40% delle persone è del parere che il tema del cambiament­o climatico divida la comunità scientific­a, dato che scende tra i più giovani al 32%, tra i più istruiti al 35%. Circa il 30% pensa che l’olio di palma sia più pericoloso del burro per la salute, che una dieta priva di formaggi prevenga diversi problemi intestinal­i negli adulti. Ultimo, ma non per importanza, poco più del 20% considera i vaccini fattori di indebolime­nto del sistema immunitari­o dei bambini.

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