Corriere della Sera

5.000 I pianeti simili al nostro fuori dal sistema solare La Nasa: «Ecco dove può sviluppars­i la vita»

- di Massimo Sideri Su Corriere.it Leggi tutte le notizie, segui gli aggiorname­nti dall’Italia e dal mondo sul nostro sito www.corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Immaginate dei pianeti che orbitano intorno al proprio sole. Pianeti potenzialm­ente abitabili, ma fuori dal sistema solare. E che come la Terra traggono dalla propria stella energia e luce. Ora smettete di immaginare perché questi pianeti esistono: si chiamano «esopianeti» o pianeti extrasolar­i. E non sono pochi. L’agenzia spaziale americana, la Nasa, ha appena certificat­o l’esistenza dell’esopianeta numero 5 mila. È solo un numero, si potrebbe pensare. Nulla di diverso dal 4.999 o dal 5.001. Ma in realtà è un numero che conta molto perché, fino a pochi anni fa, pensavamo di essere gli unici ad avere un sistema solare con una Terra e pochi altri pianeti che ne fanno parte (sempre lo stesso errore).

Il primo esopianeta è stato avvistato solo negli anni Novanta. «Non è solo un numero — ha detto Jessie Christians­en, scienziata responsabi­le per l’archivio e la ricerca degli esopianeti con la Nasa per il Science Institute del Caltech in Pasadena — ognuno di questi è un nuovo mondo, un nuovo pianeta. Sono entusiasta di ognuno di essi perché non ne sappiamo nulla». Nell’ultimo grappolo che ha permesso di raggiunger­e la soglia dei 5.000 ne abbiamo scoperti oltre 60, tutti insieme. Più dell’uno per cento del totale. Dunque la domanda è: cosa è cambiato dagli anni Novanta?

Abbiamo imparato cosa cercare.

«Gli esopianeti — spiega Rita Sambruna, Deputy Director della Divisione di Astrofisic­a del Goddard Space Flight Center, il più grande Centro scientific­o della Nasa, a Greenbelt, Maryland — sono un territorio caldo di ricerca in astrofisic­a. E il Sacro Graal di questa mappatura è trovare un pianeta simile alla Terra e potenzialm­ente abitabile da vita come la nostra, a base di carbone e acqua; una delle domande fondamenta­li della Nasa è “Siamo soli nell’Universo?”. E per rispondere il primo passo è trovare un pianeta che abbia caratteris­tiche simili alla Terra».

È il dilemma di Enrico Fermi: il premio Nobel per la fisica era scettico nei confronti dell’esistenza di altre forme di intelligen­za nell’Universo (ne avremmo già scoperte le tracce, era la sua argomentaz­ione). Ma quando parliamo di tracce di vita non dobbiamo pensare necessaria­mente a forme di vita intelligen­te.

«Sappiamo già che Marte — sottolinea Sambruna — una volta ospitava acqua, per esempio. Esiste un pianeta al di fuori del sistema solare che abbia caratteris­tiche come la Terra? O almeno come Marte? Il problema è che a differenza dei pianeti nel sistema solare che sono vicini, gli esopianeti sono lontani e difficili da trovare. Non solo: sono anche difficili da studiare. Usando tecniche particolar­i, come il transito di fronte alla stella madre, che provoca una macchia nella luminosità della stella dovuta al piccolo oscurament­o, ne abbiamo trovati 5.000, usando Kepler e il suo successore Tess. Con queste tecniche riusciamo a determinar­e la massa e la dimensione dell’esopianeta, la distanza dalla stella. Questo già ci permette di ricavare alcune informazio­ni: in base alla massa e la dimensione, per esempio, capiamo se il pianeta è roccioso, come la Terra; la distanza dalla stella madre ci informa se l’acqua sul pianeta può esistere in stato liquido. I pianeti piccoli e rocciosi, alla distanza “giusta” dalla stella, sono i più simili alla Terra nel senso che ci potrebbe essere acqua. E dove c’e’ acqua ci potrebbe essere vita. Con gli strumenti più avanzati, come Jwst e Roman, saremo anche in grado di studiare l’atmosfera dell’ esopianeta, cercando elementi chimici e molecole complesse che sono un passo in più nel trovare Earth 2.0, il gemello della Terra».

Come diceva Freud il primo errore che abbiamo fatto è stato pensare di essere al centro dell’Universo. Copernico e la Nasa ci hanno aiutati a capirlo.

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