Corriere della Sera

«Papà salvò gli ebrei di Aprica, lo rivelò il Corriere»

- Bianca Pilat

«Non era ancora buio quando gli ebrei andarono via. Si riunirono davanti al municipio di Aprica, in una lunga fila, con tante donne e bambini. Ero io lì. Mi salutarono prima di salire sulla corriera, senza dire una parola. Prima di allontanar­si, i fuggiaschi mi consegnaro­no un regalo, una grossa pentola, di quelle che utilizzava­no in mensa: un gesto che non ho mai dimenticat­o». Tutto è cominciato con questo racconto al Corriere nel dicembre 2001 che ha portato alla luce, per la prima volta, la vicenda di mio padre Bruno Pilat, comandante della stazione dei carabinier­i di Aprica. Nel 1943 egli fece in modo che gli ebrei confinati (circa 218), di cui era responsabi­le, potessero rifugiarsi in Svizzera. Nel 2009, a tre anni dalla sua morte, cominciai ad indagare, partendo da documenti trovati in casa, sollecitat­a da una persona che si diceva emissario del Vaticano, che l’aveva saputo dal capitano della finanza Chieco. L’articolo l’aveva letto anche il carabinier­e Vanni Farinelli che stava scrivendo sulla presenza dell’Arma in Valtellina: mi mise in contatto con Alan Poletti che a sua volta mi presentò Miro Vilcek, testimone e protagonis­ta della vicenda, uno dei salvati. La ricerca, da me raccontata in «Un eroe a sua insaputa», ha fatto sì che a mio padre fosse riconosciu­ta una medaglia d’argento alla memoria dal Presidente Napolitano, intestata una caserma dei carabinier­i a Cison di Valmarino, un parco giochi a Valmareno, suo paese natale, targhe commemorat­ive ad Aprica e Tirano e a Villa di Tirano, e inserito dall’organizzaz­ione Courage Care come esempio di coraggio. Grazie al Corriere.

La nostra lettrice Bianca è figlia di Bruno Pilat, carabinier­e che salvò oltre 200 ebrei rifugiati ad Aprica (Sondrio). Il

Corriere rivelò la sua storia

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