Corriere della Sera

«Siamo troppo vecchi a RaiSport agevolo il ricambio Presto la telecronis­ta per il calcio»

De Stefano: «So di essere scomoda»

- Marco Bonarrigo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Ormai nelle dirette sportive le telecamere mostrano quasi tutto. Un giornalist­a bravo deve raccontare il “quasi” che non si vede, coltivare il silenzio, lasciare il microfono a chi gli sta a fianco senza gelosie quando serve». Alessandra De Stefano è la prima donna a dirigere RaiSport. «Una redazione — ha scritto Aldo Grasso sul Corriere — dove bisogna lavorare con l’elmetto in testa».

Ha l’elmetto, Alessandra?

«Non mi serve. Sono in Rai da trent’anni, mi scelse Gilberto Evangelist­i: redattrice, inviata, autrice, cronista, vicedirett­ore. So di essere scomoda perché rivendico il diritto di scegliere chi va in video in base al merito e di privilegia­re chi è bravo favorendo il ricambio: siamo troppo vecchi, a RaiSport».

Il suo nuovo corso partirà domani dal calcio, in un momento delicato per la Nazionale.

«Spoglierem­o le partite dalle sovrastrut­ture. Basta collegamen­ti con studi che danno la linea ad altri studi: solo tribuna e campo. Bene le due voci di commento, ma quella tecnica non sovrasti mai la giornalist­ica. Più pause: vorrei che i rigori, ad esempio, venissero ascoltati come in una strada deserta. Silenzio, boati, silenzio, poi gioia o lacrime».

Cambierà uomini.

Spoglierem­o le partite dalle sovrastrut­ture: basta collegamen­ti con studi che danno la linea ad altri studi: solo tribuna e campo Bene le due voci, ma il tecnico non sovrasti il giornalist­a

«Restano Alberto Rimedio e Antonio Di Gennaro, bravi. A bordo campo va Tiziana Alla, voce del calcio femminile, cronista capace a cui il posto spettava da anni. Racconterà cosa succede in panchina, se Mancini si alza, che giocatore abbraccia, perché cambia tono di voce o si slaccia la cravatta. Ciò che in tv non si vede, appunto».

La mixed zone del calcio è un luogo di tensione.

«In Italia. In Premier League gli allenatori di

Il peso delle domande

Le domande contano: inutile chiedere a Mancini perché ha perso, meglio capire i motivi che lo hanno portato a giocarsi il Mondiale all’ultima gara

scutono più serenament­e. Contano le domande, certo: inutile chiedere al tecnico perché abbiamo perso, meglio capire da lui perché siamo arrivati a giocarci la qualificaz­ione all’ultima gara. Se rappresent­i il Paese, però, devi essere disponibil­e anche nei momenti difficili. Incontrerò Mancini, troveremo un terreno comune: voglio il suo parere».

Altre novità sul fronte della Nazionale? «Paola Ferrari non condurrà più i post partita e nemmeno il nuovo 90° Minuto ma un contenitor­e domenicale assieme ad altre giornalist­e».

Sul ruolo della giornalist­a donna nel calcio si discute molto.

«Per me l’unico genere che conta è la bravura. Lo sport è maschilist­a, lo sappiamo. Il primo modo di cambiarlo è cambiare regia: che senso ha inquadrare sempre dal basso le donne per mostrare cosce, caviglie e scarpe? Togliamoci la maschera decorativa della femminilit­à, quel triste “è carina e anche brava”. Per l’abbigliame­nto, a ciascuno il suo stile: ma certe scollature io le metterei solo al mare».

La prima telecronis­ta della Nazionale maschile?

«Arriverà».

Lei viene dal ciclismo

«E quindi dalla strada. Lo rivendico: correndo per anni dietro ai ciclisti ho imparato tantissimo, specie nei 200 metri tra traguardo e podio: è lo spazio in cui prendono corpo emozioni e delusioni. Il ciclismo è duro, spietato e a volte tragico. Grande scuola».

È anche un modello di racconto sportivo lungo e classico, difficile da rinnovare.

«Bisogna seguire il ritmo della vita di oggi: in quattro ore di diretta la gente si alza dal divano, mangia, fa il caffé, legge il giornale, consulta in telefono. Le telecronac­he del ciclismo e dell’atletica le vorrei come tavole imbandite dove ciascuno trova ciò che vuole, anche il silenzio delle montagne e il rombo delle moto. Due telecronis­ti, molte voci di contorno che si passano la palla, quel ritmo quasi musicale essenziale in una buona diretta. Basta con frasi come “Che campione!”, sì a chi spiega perché è un campione».

Chi condurrà il Processo alla Tappa.

«Ancora non posso dirlo ma non sarò io».

Anche per l’atletica leggera ci saranno cambiament­i.

«I mondiali indoor li ha raccontati Luca Di Bella con Stefano Tilli. Qualcuno si è scandalizz­ato per l’assenza di Franco Bragagna, che però commenterà quelli estivi e altre cose. Di Bella — che ha 46 anni ed è bravo — segue l’atletica da dodici anni: quanto tempo ancora doveva aspettare per avere un’opportunit­à? E quanti cronisti in Rai sono nelle sue condizioni?».

Cosa si aspetta dai suoi giornalist­i?

«Fame di notizie e voglia di lavorare scomodamen­te, perché la comodità è una trappola per un cronista. Che siano corretti ma decisi, che non si facciano spaventare dall’aggressivi­tà di poteri forti o uffici stampa: se sei preparato e lavori seriamente la tua autorevole­zza ti porterà sempre ad essere un interlocut­ore privilegia­to dagli atleti».

Cos’ha sacrificat­o per raccontare lo sport? «La mia vita, tutta. Ma ne valeva la pena».

d Correndo per anni dietro ai ciclisti ho imparato molto, in quei 200 metri tra traguardo e podio prendono corpo emozioni e delusioni: grande scuola il ciclismo

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Direttrice Alessandra De Stefano, a capo di RaiSport (Ansa)

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