Corriere della Sera

Cucciari e lo chef Antoniolli: cartoline drammatich­e da Kiev

- Aldo Grasso © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Da quando le immagini hanno cominciato a documentar­e gli orrori della guerra, sono sempre state immagini fornite dai vincitori. Anche se, dal Vietnam ai bombardame­nti su Baghdad, ai massacri nel Kosovo, alla missione in Afghanista­n, la guerra ha subito una decisiva evoluzione rappresent­ativa. Alla tv non basta più mostrare immagini di guerra ma vuole mostrare sé stessa nell’atto di riprendere la guerra.

Adesso la tv è affiancata da internet: non c’è più solo il racconto degli inviati ma c’è anche quello dei cittadini che resistono. Tuttavia, e questi giorni lo dimostrano, la brutalità resta ancora la sola retorica, il solo linguaggio con cui l’invasore si esprime. Ci sono momenti in cui malediciam­o i media perché mostrano quello che non vorremmo mai vedere: distruzion­e, sangue, morte. Per questo, ogni sera seguo con attenzione il collegamen­to che Geppi Cucciari in Che succ3de (Rai3) ha stabilito con Stefano Antoniolli, lo chef trevigiano che ha scelto di avviare la propria attività e creare la propria famiglia a Kiev 22 anni fa.

Antoniolli vive nel proprio appartamen­to, vicino al centro commercial­e della capitale ucraina, e racconta fatti quotidiani, le minuzie di una vita sconvolta dalle bombe: la spesa ai supermerca­ti, la zuppa preparata per i militari che presidiano le strade, la coda per comprare medicinali, la corsa nei rifugi. È come se avessimo un amico che ogni sera ci racconta come stanno andando le cose, una voce non ufficiale che parla di stati d’animo, di sentimenti, di sirene che suonano, di notti insonni.

Un tempo queste narrazioni quotidiane erano riservate alle lettere, spesso censurate, e comunque leggibili solo dopo molto tempo. Adesso, invece, ogni sera ci giunge una cartolina da Kiev, un messaggio di speranza: «L’unica speranza in queste ore è che si arrivi presto ad un dialogo, che finisca presto questa follia».

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