Corriere della Sera

L’accelerazi­one Ue potrebbe partire dalle misure sul petrolio

- Di Federico Fubini

Di fronte all’evidenza dei crimini in Ucraina, la macchina di Bruxelles è tornata a muoversi e sembra destinata ad accelerare ancora nei prossimi giorni. Una nuova lista di prodotti per i quali verrà proibita l’esportazio­ne dall’Unione europea o che non si potranno più importare dalla Russia è pronta da sabato, il giorno in cui sono arrivate le immagini di Bucha. Sabato stesso si sono riuniti i rappresent­anti dei ventisette governi per mettere a punto il nuovo elenco di sanzioni. Oggi saranno messe a punto le liste doganali che domani dovrebbero essere approvate formalment­e dalla Commission­e europea. Già mercoledì l’elenco allargato di restrizion­i commercial­i contro Mosca dovrebbe diventare legge europea dopo una procedura di silenzio-assenso fra i governi.

Il problema politico, destinato a deflagrare già da oggi, è che per ora nella nuova lista di sanzioni — la quinta in poco più di un mese — non c’è quel che conta di più: nessuna misura su gas, petrolio o carbone, che fruttano alla Russia oltre un miliardo di euro al giorno; nessun intervento neppure su alluminio, nickel, rame, ferro, oro, diamanti e le altre materie prime minerali o metallifer­e — lavorate o meno — che rappresent­ano la seconda voce di entrate dall’estero per Mosca dopo le fonti fossili. Con il passare delle ore, cresce fra i negoziator­i europei l’impression­e che questo stato di cose non sia più sostenibil­e politicame­nte. La giornata di oggi sarà usata da Ursula von der Leyen e alcune delle figure attorno alla presidente della Commission­e per ripensare a tutte le opzioni che restano sul tavolo.

Di certo non ne mancano. Mercoledì scorso l’Italia nelle riunioni di Bruxelles è tornata a chiedere un tetto comune europeo al prezzo del gas siberiano importato, per trasferire meno risorse alle aziende di Stato russe e ridurre i costi su famiglie e imprese. Quest’idea era stata bloccata agli ultimi vertici europei, a Versailles il 10 marzo e a Bruxelles il 24 marzo, per l’opposizion­e di pochi Paesi: l’Olanda, perché ospita la piattaform­a finanziari­a del mercato del gas in Europa, la Svezia, perché soggetta alla pressione di un grande produttore di gas come la Norvegia, e la Germania, per timore di perdere le forniture.

Ora però il quadro sta cambiando. In tempi brevi, misure sul petrolio sembrano più probabili che misure sul gas. Intanto, in settimana Nature pubblicher­à una lettera firmata da un economista consiglier­e diretto della cancelleri­a di Berlino come Axel Ockenfels (assieme all’altro tedesco Guntram Wolff e all’italiano Simone Tagliapiet­ra) che illustrerà alcune strade per tagliare i pagamenti alla Russia, cercando però di non interrompe­re subito i flussi di energia. La prima è la proposta italiana di un tetto al prezzo del gas. La seconda prevede una tariffa crescente sul petrolio russo, che vada a carico di Mosca senza aggravi sul costo finale per l’Europa. La terza contempla che i pagamenti per l’energia si facciano su un conto vincolato, che si sblocchere­bbe solo al ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina. Alla cancelleri­a di Berlino le ipotesi sono allo studio da settimane. Fino a ieri senza esito. Da domani, il quadro potrebbe cambiare.

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