La coraggiosa Maria Sofia, ultima regina di Napoli
Un volume di Aurelio Musi, edito da Neri Pozza, sulla moglie di Francesco II di Borbone, sorella dell’imperatrice Sissi
Il regno dell’ultima regina di Napoli, Maria Sofia Amalia von Wittelsbach, fu, insieme, brevissimo e lunghissimo. Brevissimo perché durò un anno. Lunghissimo perché si coprì di gloria nell’assedio di Gaeta e rimase per sempre la regina delle Due Sicilie. La leggenda di Maria Sofia — sorella dell’imperatrice d’Austria, la celeberrima principessa Sissi — ha in questo strano caso la sua radice: il crollo del Regno di Napoli e la nascita dell’unità d’Italia, la trasformazione in soldato della moglie di Francesco II e il suo indomito tentativo di riconquistare il regno perduto fino al punto di non riconoscere mai il Regno d’Italia. «A Maria Sofia — scrive Aurelio Musi concludendo la bella biografia Maria Sofia. L’ultima regina del Sud ora edita da Neri Pozza — dovettero forse lasciar credere che, assumendo la leadership del fanatismo legittimista aristocratico e papalino, presunta avanguardia del brigantaggio popolare, fosse possibile riprendersi il Regno delle Due Sicilie». Tuttavia, la regalità di Maria Sofia va oltre il suo regno impossibile.
Occhi azzurro cupo, alta, portamento nobile e piena di grazia, ma vitale, appassionata, moderna, spregiudicata, cavallerizza, nuotatrice, danzatrice, ginnasta e schermitrice. Aveva tutto per essere felice, ma il matrimonio dinastico con il figlio di Ferdinanindurre, do II di Borbone e di Maria Cristina di Savoia fu infelice. Lui era bigotto, tiranneggiato dalla matrigna Maria Teresa e affetto da fimosi che non gli permetteva rapporti sessuali completi.
Francesco e Maria Sofia «erano agli antipodi». Eppure, lei nutrì sincero affetto per il consorte e riuscì persino, negli ultimi giorni del Regno di Napoli, a fare di Franceschiello un sovrano combattente, fino al punto di volerlo nelle ore drammatiche della battaglia del Volturno, alla riconquista di Napoli. Ma la storia andò come andò. Quindi l’assedio di Gaeta, dove la regina si fa Giovanna d’Arco, poi l’esilio a Roma e l’illusione della controrivoluzione, come accadde nel 1799, nel 1815, nel 1820-1821, nel 1848, con i briganti e la santa fede. Ma la quinta volta il colpo non riuscì. L’Italia era fatta per davvero. E Maria Sofia cosa poté fare? Creare il mito di sé stessa.
L’ultima regina del Sud fu la prima a introdurre in una corte italiana la fotografia. Il fotografo Alphonse Bernoud era il ritrattista ufficiale. Lei si faceva immortalare ed era ben consapevole della forza innovatrice del mezzo: ne fece un uso consapevole «che le permise di diventare un mito mediatico al pari della sorella Sissi». Come se avesse inventato i selfie.
Bellezza e mistero ispirarono gli artisti. Se Gabriele d’Annunziò la disprezzò, Marcel Proust le fece un monumento più duraturo del bronzo nella Recherche, mentre Luchino Visconti immaginò un film sulla sua lunga vita (morì nel 1925 a Monaco) interpretato da Greta Garbo. La passione per la fotografia le giocò un brutto scherzo: fu vittima di una campagna diffamatoria con fotomontaggi che la ritraevano nuda e in pose erotiche. Ma, a ben vedere, anche il «negativo» ha alimentato il mito dell’ultima regina di Napoli.
Battagliera
Cavallerizza, nuotatrice, danzatrice, fu l’anima dell’ultima resistenza nella fortezza di Gaeta