Corriere della Sera

Franchi, il dirigente che ci servirebbe Ripartì dopo la Corea

Oggi il convegno con Infantino e Carraro

- Alessandro Bocci

La grandezza di Artemio Franchi, il miglior dirigente che il calcio italiano abbia avuto, la spiega Francesco Ghirelli, presidente della Lega Pro, con semplicità: «Sapeva anticipare i tempi». Oggi ci sarebbe bisogno del suo decisionis­mo, nascosto dietro un sorriso affabile. Il calcio è sprofondat­o un’altra volta, dopo la Russia anche il Qatar, due Mondiali di seguito senza l’Italia, una macchia di vergogna che non si cancellerà.

Franchi, di cui nel 2022 ricorre il centenario dalla nascita, ha preso in mano la Federcalci­o nel 1967 dopo la Corea, un altro momento disastroso e con una sterzata decisa ha rilanciato il movimento: sua la contestata decisione di chiudere le frontiere agli stranieri. Un anno dopo, con Ferruccio Valcareggi in panchina, gli azzurri sono diventati campioni d’Europa e nel ‘70 hanno perso la finale del Mondiale con il Brasile di Pelè.

Franchi è stato un arbitro scadente e un dirigente illuminato. Laureato in diritto internazio­nale, dopo la Seconda guerra mondiale ha fondato una ditta petrolifer­a. Ma il calcio è sempre stata la sua grande passione. Dirigente della Fiorentina del primo scudetto, da presidente federale la sua carriera non si è più fermata: ha dato impulso al Centro tecnico di Coverciano, ha sferzato i dirigenti che, accecati dalla voglia di vincere, perdevano di vista i bilanci: «Non permetterò che facciate follie nel mercato, esigo chiarezza e massima onestà», la frase consegnata alla storia. Nel ’73 presidente dell’Uefa, l’unico italiano ad assumere questo incarico e l’anno dopo vicepresid­ente Fifa, tenendo sempre testa ad Havelange.

Lo chiamavano il Granduca di Toscana e l’ultimo regalo al calcio italiano è stato il Mondiale del ’90. Fiorentino di nascita e senese di adozione, amava in egual misura le due città che gli hanno dedicato lo stadio e proprio in missione da capitano della Torre, la sua contrada, è morto in un incidente stradale la notte del 12 agosto del 1983. Franchi è stato tante cose tutte insieme: competente, arguto, risoluto. Anche complicato. Indimentic­ato.

La Lega Pro, con il Comune di Firenze, la Figc e il Museo del calcio, ha organizzat­o una tre giorni cominciata sabato con l’inaugurazi­one di una suggestiva mostra dedicata nel cortile Michelozzo di Palazzo Vecchio ricca di documenti inediti, dai diari di guerra alla lettera in cui chiede alla fidanzata Alda di sposarlo. Ieri è stata deposta una corona di fiori sulla sua tomba, a Soffiano, alla presenza dei figli Francesco e Giovanna e del presidente Ghirelli e l’arcivescov­o Betori ha officiato una messa nella basilica di Santa Croce. Oggi, a Palazzo Vecchio, dibattito vivacizzat­o da Franco Carraro, Giancarlo Abete, Antonio Matarrese, Luciano Nizzola, Carlo Tavecchio, chiuso dal presidente Fifa Gianni Infantino per approfondi­re la conoscenza di un dirigente immortale: le sue parole sono ancora attuali. Sapremo raccoglier­le?

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Toscano Artemio Franchi, nato 100 anni fa, era fiorentino di nascita e senese di adozione

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