Il documentario su Morricone? Come una partitura musicale
Su TimVision è possibile vedere Ennio di Giuseppe Tornatore, ritratto a tutto tondo di Ennio Morricone, il musicista più amato dal pubblico internazionale, due volte Premio Oscar, autore di oltre 500 colonne sonore indimenticabili. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il documentario (un atto d’amore, prima di tutto) racconta Morricone attraverso una lunga intervista di Tornatore al Maestro, accompagnata da testimonianze di artisti come Bertolucci, Montaldo, Argento, Verdone, Roland Joffè, Oliver Stone, Quentin Tarantino, Clint Eastwood, Bruce Springsteen. Prima di essere il maestro arrangiatore di alcune celebri riviste che avevano per protagonisti Totò, Walter Chiari, Wanda Osiris, delle meravigliose parodie del Quartetto Cetra, di canzoni come Il barattolo, Sapore di sale, Il mondo, Abbronzatissima, In ginocchio da te, Se telefonando (e già questo sarebbe più che sufficiente), Morricone era semplicemente il figlio di un suonatore di tromba incoraggiato a frequentare il conservatorio.
Qui incontra Goffredo Petrassi, insegnante di composizione e figura chiave del modernismo italiano. Spronato dal prestigioso insegnante, Morricone si diploma in composizione nel 1954. Sempre spinto dal suo mentore, sposa la causa avanguardista con sincero trasporto. Ma Petrassi riteneva che la composizione per il cinema fosse uno svilimento della musica stessa: «Scrivere per il cinema è prostituzione». Per questo la copiosa vita artistica di Morricone è stata una sorta di «rivincita sulla colpevolezza», una rivalsa contro lo snobismo dell’accademia e il senso di colpa di essersi poi sentito rifiutato dal maestro.
Il documentario è di una ricchezza impressionante ed è costruito come una partitura musicale basata sul contrappunto: una biografia costruita sulla parola, sull’immagine, sulla musica come fossero tre elementi paritari.