Corriere della Sera

La Casa Bianca fa muro sugli aiuti degli 007 Ma la «linea Biden» è messa alla prova

Sempre più difficile per gli Usa sostenere di essere estranei al conflitto. Zelensky chiede armi antinave per liberare il porto di Odessa ed esportare il grano

- Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

WASHINGTON Il portavoce del Pentagono, John Kirby, ieri mattina è tornato sull’affondamen­to del Moskva, l’ammiraglia della Marina russa: «non abbiamo fornito informazio­ni specifiche per individuar­e la nave. Non siamo coinvolti nella decisione presa dagli ucraini di attaccare l’incrociato­re».

È già la terza volta, nel giro di 48 ore, che il portaparol­a del ministero della Difesa si è visto costretto a intervenir­e, a precisare. Le rivelazion­i del New York Times hanno toccato probabilme­nte il versante più vulnerabil­e della strategia Usa. Tutti sanno, a cominciare dai russi naturalmen­te, che i servizi segreti militari Usa inviano report riservati all’esercito di Volodymyr Zelensky. Lo ha riconosciu­to lo stesso Kirby: «Gli Stati Uniti e gli alleati condividon­o regolarmen­te analisi di intelligen­ce con l’Ucraina». Kirby, poi, ha aggiunto quello che secondo l’Amministra­zione Biden è il passaggio chiave: «Lo facciamo in maniera limitata e pienamente legittima».

La distinzion­e è sottile, un diaframma che non convince fino in fondo. E’ evidente che i generali ucraini usano le informazio­ni americane e britannich­e (queste sono le due fonti più efficaci) per inquadrare obiettivi cruciali. E’ ciò che è accaduto nel caso dell’incrociato­re Moskva, lo scorso 15 aprile, al largo di Odessa. Le batterie missilisti­che sono andate a colpo sicuro, «investendo» nell’operazione due missili da crociera «Neptune» dal valore di 40 milioni di dollari ciascuno. Per altro l’uscita di Kirby sembra voler prevenire anche le domande sull’attacco di ieri alla fregata russa Makarov.

Il problema, comunque, è più generale. L’Amministra­zione americana è sotto pressione, alle prese con il cambio di passo voluto da Biden. Il presidente americano continua a spingere: ieri ha assicurato altri 387 milioni di dollari in aiuti umanitari, in attesa di incassare il super pacchetto da 33 miliardi (20 per armamenti) all’esame del Congresso. Domenica prossima, poi, parteciper­à al G7 online presieduto dalla Germania. Presente anche Zelensky. Tra i temi in discussion­e ci sarà proprio la situazione nel Mar Nero. Il leader ucraino chiederà soprattutt­o a Usa e Stati Uniti di inviare altri missili antinave. Obiettivo: spezzare il blocaltro co imposto dalla flotta russa davanti a Odessa e liberare la rotta per l’esportazio­ne di grano, semi di girasole e altri generi alimentari. In caso contrario mezza Africa e una parte del Medio Oriente rischiano una paurosa carestia. Ecco allora che l’affondamen­to del Moskva e della Makarov potrebbero segnare l’inizio di una più ampia operazione di «bonifica» del mare.

In questo quadro il passaggio di informazio­ni riservate diventa cruciale, quasi quanto la consegna dei missili e dei sistemi radar. E per gli Stati Uniti diventa oggettivam­ente sempre più complicato formulare distinzion­i. Ieri da una parte il Pentagono ha annunciato che «oltre 200 militari ucraini» hanno completato l’addestrame­nto per l’utilizzo dei mezzi militari messi a disposizio­ne dagli Usa. Dall’altra, Kirby ha preso le distanze dalle «decisioni operative degli ucraini».

Al Cremlino, invece, lo scenario è sempliceme­nte surreale. Ieri, ne abbiamo avuto un esempio. Il Procurator­e generale russo ha risposto a una lettera di un cittadino, Dmitriy Shkrebets che aveva chiesto notizie del figlio Egor, marinaio in servizio sulla «Moskva». L’Ufficio ha risposto burocratic­amente che «Egor risulta disperso», ma in ogni caso la sua famiglia non avrà diritto al risarcimen­to per i caduti perché «la nave Moskva non partecipav­a all’operazione speciale». «È una risposta disgustosa» ha commentato Shkrebets sul social russo VKontakte, con un messaggio che sta facendo il giro del mondo.

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Il Moskva, colpito dai missili ucraini il 13 aprile, in un’immagine diffusa poco prima che affondasse: si vedono una colonna di fumo che si alza da poppa e sulla chiglia uno squarcio causato da una esplosione
Incrociato­re Il Moskva, colpito dai missili ucraini il 13 aprile, in un’immagine diffusa poco prima che affondasse: si vedono una colonna di fumo che si alza da poppa e sulla chiglia uno squarcio causato da una esplosione

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