Corriere della Sera

La linea del capo del governo e gli elogi a Di Maio per l’«intelligen­za politica»

E negli Usa il premier discuterà del ruolo dell’Europa

- SEGUE DALLA PRIMA Francesco Verderami

Giorni fa il premier ha detto del suo ministro degli Esteri che «l’esperienza lo ha maturato. E questo salto di qualità è segno di intelligen­za politica». Lo testimonia la rapidità con cui il 24 febbraio ha capito da che parte stare. E come starci. In fondo non ci voleva molto, visto che la guerra in Ucraina si divide tra aggressori e aggrediti. In mezzo ci sono lo spazio e gli strumenti per cercare una soluzione diplomatic­a alla crisi. E siccome da giorni il leader dei Cinque Stelle vuole sapere se il premier è un «falco» o una «colomba», ieri il titolare della Farnesina ha scritto una lettera al Sole 24 Ore che pare un bignamino utile a chi ha bisogno di un ripasso: ha spiegato come sullo scenario globale serva «un’azione di moral suasion che il nostro Paese può promuovere ma non può esercitare da solo».

È la linea del governo, sta nelle dichiarazi­oni pubbliche e nei colloqui riservati. Quando l’altra settimana Zelensky ha sottolinea­to a Draghi quanto Kiev «desideri fortemente che l’Italia sia tra i Paesi garanti della sicurezza ucraina», Draghi ha accolto la richiesta «se tale partecipaz­ione contribuis­ce a sostenere ogni possibile sforzo negoziale». Aggiungend­o che Roma nel frattempo ha accolto centomila profughi. Sta garantendo assistenza finanziari­a. Ha autorizzat­o la partenza di esperti forensi per le indagini sui crimini commessi a Bucha e dintorni. Ha assicurato la disponibil­ità a collaborar­e — quando ci sarà la pace — alla ricostruzi­one dell’Ucraina, assumendo il patrocinio di città devastate dalle bombe russe.

Certo, tra molte altre cose ha rinnovato anche il contriinut­ile buto delle armi, indispensa­bili per impedire che Putin l’abbia vinta. E pure l’impegno sulle sanzioni, che è l’altra arma per tentare di convincere il dittatore a trattare. In questo senso, come spiega un ministro, «non sarà un evento neutro l’incontro di Draghi con Biden» a Washington: «Servirà per allargare le condizioni che consentano all’Europa di avere un ruolo nel processo di pace». Se così stanno le cose non si comprende cosa voglia dire il capo dei grillini quando sostiene che «l’Italia non deve andare a rimorchio di nessuno». Ed è chiederne l’esegesi a Draghi, che su Conte proprio non ci sente. Forse perché è concentrat­o sui dossier di governo. In ogni caso perché parla solo di Di Maio.

O parla con Guerini, a cui è delegata la sfera militare. E si vedrà se in futuro l’Italia invierà in Ucraina i Puma o i Lince, che sono blindati destinati al trasporto di truppe e abilitati al lancio di missili «a corto raggio». D’altronde con le fionde non avrebbero senso nemmeno gli atti eroici. E comunque il primo a essere informato sarebbe il Parlamento, dove il titolare della Difesa è andato già quattro volte dall’inizio della guerra. «Ed è legittimo che i Cinque Stelle chiedano al governo di riferire alle Camere», dice il sottosegre­tario alla Difesa Mulè: «Purché si degnino poi a partecipar­e». Giovedì in commission­e non l’hanno fatto: come ha raccontato Maria Teresa Meli sul Corriere, sono rimasti fuori a favor di telecamera. Guerini viene dalla Dc, certe cose le ha già viste, e si è abituato in questi due mesi a fare il bersaglio dei grillini.

Ora però Conte ha deciso di cambiare target e mirare su Palazzo Chigi. «Finora nessun leader di maggioranz­a aveva attaccato direttamen­te Draghi», annota un ministro: «Neppure Salvini». Ma il rappresent­ante del governo non ci pensa nemmeno a farlo notare al premier, tanto sa come gli rispondere­bbe. E poi sa che Draghi — quando tornerà da Washington — andrà in Parlamento. E non (solo) perché gli è stato chiesto ma perché lo prevede il decreto sull’Ucraina che ha autorizzat­o l’invio delle armi alla resistenza. Lì c’è scritto che il governo deve riferire alle Camere «con cadenza almeno trimestral­e». E siccome il testo è stato votato anche dal M5S, Conte non può non saperlo. Si capisce allora quanto capziosa sia la polemica, spinta dal travaglio per carenza di consensi. A meno che, in nome della pace, non faccia presentare dai suoi una risoluzion­e per bloccare l’invio di armi a Kiev...

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(foto Reuters) Nel Donbass Le truppe filo-russe alla guida di veicoli blindati vicino a Novoazovs’k, città che fa parte della Repubblica popolare di Donestk

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