Sanzioni, l’Europa non convince Orbán Von der Leyen: Putin distrugge la Russia
L’Ungheria: l’embargo sull’energia come una bomba atomica. Ma proseguono le trattative. Cingolani: siamo l’unico Paese che si sta rendendo autonomo da Mosca
BRUXELLES Nelle ore in cui si tratta a oltranza per trovare un accordo sul sesto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina, che includono l’embargo sul petrolio — oggi o domani potrebbe essere convocata una nuova riunione degli ambasciatori presso la Ue — la presidente della Commissione Ursula von der Leyen lancia un messaggio forte: «Non solo la guerra di Putin sta tentando di cancellare l’Ucraina dalla mappa, ma sta anche distruggendo il suo stesso Paese», ha detto intervenendo al Leserkongress 2022 organizzato dalla Faz a Barcellona.
Sulle sanzioni, von der Leyen ha spiegato che «i Paesi che esitano oggi non sono ancora pronti, non hanno accesso al mare e stiamo discutendo per trovare delle soluzioni affinché abbiano la garanzia di avere sicurezza di approvvigionamenti sufficienti». La presidente è «convinta» che il pacchetto sarà adottato e « se dovesse esserci bisogno di un giorno in più lo prenderemo». L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell ha avvertito che se non si raggiunge un accordo nel fine settimana, dovrà «convocare una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Ue la prossima settimana».
Il premier ungherese Viktor Orbán, parlando alla radio di Stato, ha accusato la presidente di avere «volontariamente o no attaccato l’unità europea»: «Fin dall’inizio abbiamo chiaramente indicato che c’è una linea rossa: l’embargo sull’energia» e «le sanzioni al petrolio sarebbero una bomba atomica per la nostra economia». È contestata anche l’inclusione nella black list del capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha detto a il Giornale d’Italia che «siamo l’unico Paese che si sta rendendo veramente autonomo» dalla Russia.
Ieri la riunione degli ambasciatori presso la Ue non ha raggiunto un’intesa ma c’è la «volontà politica da parte dei 27 Stati membri, inclusa l’Ungheria — spiegava una fonte diplomatica Ue — di arrivare a un accordo». Nella versione rivista della proposta della Commissione la deroga è stata allungata al 2024 per Ungheria e Slovacchia (inizialmente fino al 2023) e ne è stata introdotta una per la Repubblica Ceca (2023). Non sono state accolte le richieste della Bulgaria che ha uno sbocco sul mare. Per gli altri Paesi l’ipotesi è di un embargo sulle importazioni dalla Russia entro sei mesi per il greggio ed entro fine anno per i prodotti raffinati. Restano le resistenze sulla durata delle deroghe e sulle compensazioni economiche per i Paesi che dovranno adeguare le proprie raffinerie che finora hanno trattato il petrolio russo. L’Ungheria non ha ancora ricevuto il via libera al Recovery Plan. Per Budapest è un’occasione per avere fondi senza vincoli.
Resta aperta anche la questione del trasporto del petrolio russo su navi battenti bandiera dell’Ue. I tre mesi in più per lo stop non convincono Grecia, Malta e Cipro. Questa misura, osservano, avvantaggerà solo gli armatori turchi.