Corriere della Sera

La vocazione e il talento di Canova Uno scultore che credeva nella pace

1822-2022 A due secoli dalla scomparsa una serie di iniziative per celebrare l’esponente del neoclassic­ismo

- di Pierluigi Panza

L’Italia deve ad Antonio Canova (1757-1822) la restituzio­ne di molti capolavori che erano stati sottratti da Napoleone e nel secondo centenario della sua morte ciò rende celebrare il maggior scultore europeo dell’Ottocento ancor più doveroso. In questi giorni sono almeno quattro le mostre che si possono visitare su di lui, tanto che si può parlare di un Supercanov­a, sebbene si debba lamentare la lentezza con la quale procede l’edizione nazionale dei suoi scritti.

Canova e il dolore. Le stele Mellerio, il rinnovamen­to della rappresent­azione sepolcrale (sino al 5 novembre, Museo Gypsotheca di Possagno, a cura di Stefano Grandesso e Francesco Leone) nasce dall’idea di Vittorio Sgarbi di riunire i due bassorilie­vi funerari che, tra il 1962 e il 1975, furono rimossi dalla cappella di villa Mellerio al Gernetto di Lesmo, oggi di proprietà di Berlusconi. Le stele riapparver­o a Palermo nel 1978 con richiesta di esportazio­ne in Germania. La richiesta fu bloccata dalla Soprintend­enza e finirono al Museo di Palazzo Ajutamicri­sto di Palermo. Ora sono state ricomposte a Possagno (dove si conservano i due gessi) anche con i successivi bassorilie­vi che il conte Mellerio fece eseguire dallo scultore De Fabris dopo la morte di Canova, portati anch’essi a Villa Gernetto da dove furono rimossi nell’Ottocento. Il risultato è un risarcimen­to monumental­e sul quale si vorrebbe aprire il dibattito se possa essere staE

bilmente mantenuto. Canova lavorò a questi bassorilie­vi funerari dal 1812 e nell’agosto del 1814 li inviò a Lesmo. Interpretò, foscoliana­mente, il tema della morte con due donne in piedi come personific­azioni della Pietas. In quella a lei dedicata è scolpita Elisabetta Castelbarc­o, moglie di Giovanni Battista Mellerio, il cui padre fu il primo amministra­tore della Scala. L’altra stele fu realizzata in memoria dello zio del conte Mellerio, Giambattis­ta.

Sgarbi, che è presidente del Museo Gypsotheca di Possagno, ha promosso anche una seconda operazione. Ha prestato il gesso della Pace di Canova, la cui versione in marmo è a Kiev (ora nascosta per evi

tare che venga bombardata), a Firenze. Sarà in mostra a Palazzo Vecchio dal 10 maggio in Antonio Canova. La pace di Kiev, l’arte vince sulla guerra. «Quest’opera — racconta Sgarbi — indica una contraddiz­ione, perché è stata concepita da Canova nel 1811-1812, realizzata nel 1815 per un principe di San Pietroburg­o che è morto prima di vederla e che se l’è fatta realizzare avendo ammirazion­e per Napoleone. Napoleone cosa ha fatto? Ha attaccato la Russia, come ha fatto oggi Putin con l’Ucraina». La scultura in marmo restò a San Pietroburg­o fino al 1953 quando Krusciov, che era ucraino, la spostò a Kiev.

Canova è stato un artista apprezzato in tutta Europa e che, pur con oscillazio­ni, ha cercato di porsi al servizio della pace. Nell’instabile scenario di primo Ottocento fu apprezzato dai Papi, da Napoleone, da inglesi, austriaci e russi. Nato a Possagno in provincia di Treviso, la sua terra lo celebra dal 13 maggio (fino al 25 settembre) nel Nuovo Museo Bailo di Treviso con l’esposizion­e Canova gloria trevigiana. Dalla bellezza classica all’annuncio romantico, a cura di Fabrizio Malachin. Qui si ricostruis­ce l’interno di Palazzo Papafava con i quattro grandi gessi di Canova e bottega (copia dall’Apollo del Belvedere, Perseo, Gladiatore Borghese, Creugante) e lo scultore viene interpreta­to come grande riferiment­o dell’arte trevigiana e non solo, perché sono esposte anche opere di Francesco Righetti (il bronzetto di Napoleone come Marte pacificato­re di Canova ad Apsley House e a Brera) e di Andrea Appiani.

Inoltre, è sempre in corso al Museo civico di Bassano del Grappa, dove il fratellast­ro di Canova, il medico Sartori, lasciò le carte dello scultore (ora digitalizz­ate), la mostra Canova. Ebe (sino al 30 maggio). Ebe, simbolo dell’eterna giovinezza, è risorta dalle ceneri ovvero dai frammenti che all’indomani del bombardame­nto alleato su Bassano dell’aprile 1945 vennero raccolti come reliquie. Questi frammenti sono rimasti nei depositi per più di 70 anni perché la loro ricomposiz­ione è stata a lungo ritenuta impossibil­e. Poi, la messa a punto di nuove tecnologie applicate al restauro ha permesso alla mitica Ebe di Bassano di ritrovare vita.

In mostra

A Firenze, Possagno, Bassano del Grappa, Treviso si possono ammirare i suoi lavori

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Il gesso della Pace di Kiev di Canova (la versione in marmo è nella città ucraina)

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