Corriere della Sera

Un altro trasformis­mo

L’artista di fama mondiale nel cast del «Barbiere di Siviglia»: «Per me è una scelta da matti» Brachetti debutta in un’opera lirica a Salisburgo «Amo fare cose nuove, mi annoio facilmente»

- Chiara Maffiolett­i

«Ma questi qui sono matti». Chi risponde da Salisburgo è Arturo Brachetti e «i matti» sono Rolando Villanzon e il suo staff che hanno voluto il trasformis­ta più famoso al mondo nel loro Barbiere di Siviglia, in scena al prossimo Festival di Salisburgo (dal 3 giugno). Prima di accettare questo debutto nell’opera («amo fare cose nuove»), aveva pensato: «Sarà meno complesso del mio show. Invece si sono inventati un ruolo che è in scena dall’inizio alla fine. Mi dicono: fai questo, fai quello, buttati lì. Proviamo otto ore al giorno... ma ragazzi, ho 65 anni eh».

In realtà li compirà solo ad ottobre. Il suo quasi debutto nell’opera è stato 50 anni fa.

«Come comparsa, a 16 anni e per 5mila lire al giorno, nella Carmen. Il tenore era una specie di prosciutti­no... Qui c’è grande organizzaz­ione. Villanzon dice: “E se avesse in mano un ventaglio?”. E dopo tre minuti ecco un ventaglio».

A 16 anni non era così?

«La Torino degli anni ’60 era in bianco e nero: io sognavo a colori. Mi avevano regalato il teatrino delle marionette e ci passavo i pomeriggi. Da piccolissi­mo avrei voluto fare o il Papa o il regista. Avevo in mente i grandi spettacoli con la scritta: regia di Antonello Falqui. Poi ci ho lavorato».

La carriera come Papa, invece, è sfumata.

«Mio padre era molto religioso e nel dubbio mi mise in seminario. Avevo undici anni, ero buono, ingenuo, volevo far contento papà... lì ho conosciuto un prete che faceva giochi prestigio, don Silvio Mantelli. Ero affascinat­o dalle sue magie: dopo qualche tempo andavamo in giro con i nostri spettacoli nelle colonie».

Esibirsi è la sua passione. Perché voleva fare il regista?

«Ero timido. Avevo il desiderio di apparire ma non osavo. Ma quando mi mettevo gli abiti avevo coraggio. Il costume è una maschera, una fantastica corazza. Nei miei spettacoli mi presentavo da solo: ero una specie di Nicoletta Orsomando, ma somigliavo più ai Legnanesi. I ragazzi mi prendevano per i fondelli».

Lei ne soffriva?

«Ma nooo. Ero magrolino, efebico, con l’aria da vispa Teresa... venivo preso in giro, messo nei bidoni dell’immondizia. Non è che ne soffrissi, ma mi veniva voglia di mostrare che ero capace di fare cose che loro non sapevano fare. Era la rivincita dello sfigato. Il bello del teatro è che si recita il falso per creare il vero, come succede a casa mia».

In che senso?

«A casa mia nulla è ciò che sembra: suona il telefono ed è una bottiglia di ketchup, ci sono due passaggi segreti e nel mio frigo c’è un po’ di cibo vero e un po’ finto... L’illusione deve essere a portata».

Si annoia facilmente?

«La mia soglia di attenzione è bassissima. Sono curioso: c’è un portone socchiuso? Oddio devo sbirciare. Se sei attento il mondo ti procura costanteme­nte degli stimoli».

L’iperstimol­azione è tipica di questa epoca

«Il linguaggio Tik Tok... però devo dire che quando vado a teatro spesso mi addormento... a me piace fare sorprese, sul palco come nella vita».

Come concilia la sua vita sentimenta­le con il costante bisogno di stimoli?

«Negli anni mi sono calmato. Sono sposato con il teatro ma ho avuto relazioni anche lunghe. Da giovane ero molto più infedele ma lo ero apertament­e, senza sotterfugi e non sono geloso. Il mio lavoro è la mia missione numero uno. Quando ho lasciato il seminario mi è stato detto: non è importante avere la vocazione ma una vocazione. La mia è far sorridere».

Come è nato il suo ciuffo?

«Un’eredità di Shakespear­e: facevo Sogno di una notte di mezza estate. Ero il folletto Puck e serviva una pettinatur­a particolar­e: mi sono lasciato il ciuffo, ma mi dava fastidio e ci misi il gel. Quando andai a Parigi con il mio show iniziarono a chiamarmi l’italiano con la Tour Eiffel in testa: il ciuffo era diventato un sotterfugi­o per cui la gente mi riconoscev­a. È come se da lì avessi un super potere».

A casa mia nulla è ciò che sembra: suona il telefono ed è una bottiglia di ketchup, ci sono due passaggi segreti e nel frigo ho cibo vero e cibo finto

È diventato famoso in tutto il mondo.

«Sono andato alla tv cinese e nel cartoon Gli incredibil­i il bimbo col super potere della metamorfos­i è pettinato come me. La mia vita è svoltata nel ‘99 quando sono andato in Canada con il mio show».

I suoi genitori come hanno reagito?

«Per papà non era un lavoro serio, mia madre è la mia fan numero uno: mi cuciva i costumi da ragazzo, è sempre ai miei spettacoli. Ha 85 anni e commenta tutto su Facebook... quando si è iscritta le ho fatto credere che le dovessero mandare la tessera».

 ?? ?? Specchio Arturo Brachetti è nato a Torino il 13 ottobre ‘57. Attore, illusionis­ta e regista teatrale, è considerat­o il più grande trasformis­ta del mondo, con una «galleria» di oltre 400 personaggi. Entrato nel Guinness dei primati per la sua velocità, ha da poco concluso la tournée del suo one man show «Solo»
Specchio Arturo Brachetti è nato a Torino il 13 ottobre ‘57. Attore, illusionis­ta e regista teatrale, è considerat­o il più grande trasformis­ta del mondo, con una «galleria» di oltre 400 personaggi. Entrato nel Guinness dei primati per la sua velocità, ha da poco concluso la tournée del suo one man show «Solo»

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