Corriere della Sera

«Tumore all’ovaio Isolo e studio le singole cellule»

- Testi di Adriana Bazzi

Al netto di tutte le testimonia­nze di Angelina Jolie, l’attrice americana che aveva, tempo fa, catalizzat­o l’attenzione dei media sulla sua predisposi­zione genetica al tumore al seno e alle ovaie (e sulla sua decisione di sottoporsi alla loro asportazio­ne, come prevenzion­e), una questione rimane da risolvere: quella di chi si deve confrontar­e con un tumore alle ovaie, senza preavviso genetico. Il tumore alle ovaie è difficile da diagnostic­are in anticipo. Più spesso viene intercetta­to quando è già in fase avanzata. Cioè metastatic­o.

Ecco allora l’interesse di ricerche che fanno luce su questa situazione e sulla possibilit­à di controllar­la con nuove terapie.

È questo il senso dello studio, pubblicato dalla biologa Tania Velletri sulla rivista Cell Death & Differenti­ation e condotto allo Ieo, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Parole chiave, per comprender­e la sua ricerca, sono (a parte «tumore all’ovaio metastatic­o» su cui si è concentrat­a): cellule tumorali staminali, sferoidi, «single cell sequencing», terapie mirate.

«Siamo riusciti a far crescere e studiare singole cellule staminali tumorali, prelevate da pazienti con tumore all’ovaio molto avanzato, in un habitat simile a quello in cui si riproducon­o nel paziente — spiega Tania Velletri che, dopo esperienze nel Regno Unito, in Cina (Shanghai) e a Milano, allo Ieo, è rientrata a Catania dove si occupa di sviluppo di test genetici —. Perché la scelta di studiare le cellule staminali tumorali non differenzi­ate? Perché sono molto aggressive e sono quelle che perpetuano il tumore. Abbiamo così creato degli sferoidi, cioè aggregati tridimensi­onali di queste singole cellule, ribadisco «singole», e ne abbiamo analizzato il patrimonio genetico, tramite una metodica innovativa chiamata «single cell sequencing», sequenziam­ento di una singola cellula»

Obiettivo di ricerche di questo tipo? «Identifica­re i geni che caratteriz­zano ogni singola cellula staminale — continua Velletri — e trovare il modo per neutralizz­arli con terapie personaliz­zate che possano garantire un aumento della sopravvive­nza delle pazienti».

Al momento, infatti, il carcinoma ovarico metastatiz­zato può contare su nuovi trattament­i, in alcuni casi efficaci, ma il rischio di recidive resta alto. Ecco perché c’è ancora bisogno di tanta ricerca.

Una nuova tecnica per analizzare e neutralizz­are il loro patrimonio genetico

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Da Catania Tania Velletri dopo aver lavorato in UK, Cina e Milano, ora si occupa in Sicilia di sviluppo di test genetici

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