«Tumore all’ovaio Isolo e studio le singole cellule»
Al netto di tutte le testimonianze di Angelina Jolie, l’attrice americana che aveva, tempo fa, catalizzato l’attenzione dei media sulla sua predisposizione genetica al tumore al seno e alle ovaie (e sulla sua decisione di sottoporsi alla loro asportazione, come prevenzione), una questione rimane da risolvere: quella di chi si deve confrontare con un tumore alle ovaie, senza preavviso genetico. Il tumore alle ovaie è difficile da diagnosticare in anticipo. Più spesso viene intercettato quando è già in fase avanzata. Cioè metastatico.
Ecco allora l’interesse di ricerche che fanno luce su questa situazione e sulla possibilità di controllarla con nuove terapie.
È questo il senso dello studio, pubblicato dalla biologa Tania Velletri sulla rivista Cell Death & Differentiation e condotto allo Ieo, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Parole chiave, per comprendere la sua ricerca, sono (a parte «tumore all’ovaio metastatico» su cui si è concentrata): cellule tumorali staminali, sferoidi, «single cell sequencing», terapie mirate.
«Siamo riusciti a far crescere e studiare singole cellule staminali tumorali, prelevate da pazienti con tumore all’ovaio molto avanzato, in un habitat simile a quello in cui si riproducono nel paziente — spiega Tania Velletri che, dopo esperienze nel Regno Unito, in Cina (Shanghai) e a Milano, allo Ieo, è rientrata a Catania dove si occupa di sviluppo di test genetici —. Perché la scelta di studiare le cellule staminali tumorali non differenziate? Perché sono molto aggressive e sono quelle che perpetuano il tumore. Abbiamo così creato degli sferoidi, cioè aggregati tridimensionali di queste singole cellule, ribadisco «singole», e ne abbiamo analizzato il patrimonio genetico, tramite una metodica innovativa chiamata «single cell sequencing», sequenziamento di una singola cellula»
Obiettivo di ricerche di questo tipo? «Identificare i geni che caratterizzano ogni singola cellula staminale — continua Velletri — e trovare il modo per neutralizzarli con terapie personalizzate che possano garantire un aumento della sopravvivenza delle pazienti».
Al momento, infatti, il carcinoma ovarico metastatizzato può contare su nuovi trattamenti, in alcuni casi efficaci, ma il rischio di recidive resta alto. Ecco perché c’è ancora bisogno di tanta ricerca.
Una nuova tecnica per analizzare e neutralizzare il loro patrimonio genetico