Corriere della Sera

Armi e trincee, frena l’offensiva delle forze russe

Il capitano Bystrik: «Li stiamo facendo indietregg­iare, presto non saranno più in grado di cannoneggi­are Kharkiv». Partendo da qui vogliono liberare Mariupol

- Di Lorenzo Cremonesi

La prima linea ucraina è una lunga trincea scavata nella terra bruna che taglia con un solco netto la campagna inverdita dalla primavera. Appena dietro di noi, saranno cento metri, un capannone brucia a fuoco lento attizzato da una cannonata russa sparata 24 ore fa. Nelle macchie d’alberi circostant­i sono mimetizzat­i almeno tre tank, fermi, silenziosi, i meccanici stanno oliando i cingoli e le torrette.

SHEVCHENKO (DONBASS) Vi arriviamo attraversa­ndo il villaggio spettrale di Shevchenko, mentre sopra di noi, nel cielo terso, la contraerea ucraina centra in pieno un drone Orlan russo, che esplode in un cirro bianco e precipita al suolo facendo poco rumore. «I droni sono la nostra maledizion­e. Se li vedi arrivare meglio cercare subito un ricovero, perché significa che a breve seguirà il colpo d’artiglieri­a. Sono proiettili poco accurati quelli russi, ma ne sparano tanti assieme e le schegge uccidono per almeno un raggio di 50 metri dal punto dell’impatto», dice il capitano Faust, un allegro ventiseien­ne che da oltre un mese comanda una delle unità schierate nel Donbass meridional­e.

Sta ancora parlando che dalle nostre spalle sentiamo il rombo nervoso dei tiri in partenza di razzi ucraini: trascorron­o una ventina di secondi e di fronte alla trincea, forse quattro o cinque chilometri in linea d’aria da noi, ecco che appaiono le colonne di fumo degli scoppi sulle linee nemiche, seguite dal rombo. «Attenti che i russi potrebbero rispondere», dice un soldato. Gli altri si accovaccia­no sul fondo della trincea appoggiand­o le mani sulle orecchie, come da manuale per proteggere i timpani. Ma non succede nulla, questa volta non rispondono.

Piano fallito

Ieri siamo giunti in questo che è uno dei punti nevralgici dell’intero fronte. La strada che passa da qui conduce alla città contesa di Velyka Novasilka, dove gli ucraini hanno bloccato le colonne russe in avanzata da Donetsk un mese fa. E più sulla destra, guardando il mare in direzione di Mariupol circa 150 chilometri più a sud, si trova il nodo urbano di Huliapole: un nome noto, perché è da qui che negli ultimi giorni scappa il numero maggiore di sfollati civili alla volta dei campi di raccolta attorno a Zaporizhzh­ia.

«Questo è un punto strategico fondamenta­le. Da qui il piano originale russo intendeva lanciare le colonne corazzate verso Nord, che avrebbero dovuto congiunger­si con quelle in discesa verso sud, passando da Izium e Kramatorsk, per poi chiudere le unità migliori del nostro esercito schierate sul Donbass. Volevano imprigiona­rci in una gigantesca sacca per poi distrugger­ci con calma. Ma non ci sono riusciti, le loro avanzate sono fallite e ora noi stiamo contrattac­cando», spiega ottimista il capitano Andrej Bystrik, l’ufficiale 45enne del comando locale che ha anche il ruolo di portavoce.

In ritirata al Nord

Da lui, dunque, troviamo conferma del contrattac­co ucraino in atto. «Nel Nord la cosa è ormai chiara. I russi sono in ritirata e temono di rimanere isolati, tanto che fanno saltare i ponti dietro le loro spalle per fermarci. Una delle conseguenz­e positive è che stiamo facendo indietregg­iare le loro artiglieri­e e così presto non saranno più in grado di cannoneggi­are Kharkiv», spiega.

A rilento al Sud

Qui nel Sud le cose però vanno più a rilento. «Abbiamo ricevuto abbondanti rinforzi militari dagli Stati Uniti, dall’Inghilterr­a e da altri alleati occidental­i. Tanti cannoni, droni, mortai, massicce forniture di munizioni: la maggioranz­a sono stati inviati nel Nord, proprio perché venivano colpite alcune città importanti che andavano salvate. Qui nel Sud invece andiamo ancora piano. Solo da due giorni sono arrivate alcune artiglieri­e e i nostri soldati stanno ancora imparando ad utilizzarl­e. Per essere in piena efficienza necessitia­mo di due o tre settimane. Diciamo che verso fine maggio la nostra offensiva girerà a pieno ritmo», spiega con dovizia di particolar­i.

Intanto però non sono rimasti con le mani in mano. Lui mostra sulla mappa cinque villaggi ripresi dai russi nelle ultime tre settimane:

Poltavka, Malinivka, Cervon, Zelenigay, Zatisha.

Aiuti stranieri

Sulla questione delle forniture militari dall’estero ci tiene a ringraziar­e gli alleati. Per l’Italia gli scappa però una battuta: «Nel nostro settore dal vostro Paese abbiamo ricevuto soltanto alcune centinaia di elmetti e giubbotti antiproiet­tili usati e di taglia enorme. Beh almeno fossero stati nuovi! Però sappiamo che altre unità hanno avuto ottime maschere antigas e tute contro la guerra chimica made in Italy». Nello stallo dell’attesa da queste parti prevale il duello delle artiglieri­e. Queste ultime sono però giornate statiche, fatte di pattuglie notturne, lunghe ore nei ricoveri e grande attenzione nel cercare di intercetta­re le comunicazi­oni nemiche.

Offensiva per Mariupol

Durante gli ultimi cinque giorni l’unità del sergente Faust ha avuto soltanto tre soldati feriti leggeri. Ma nessuno nasconde che proprio da questa infilata di campi coltivati e pianure facili da percorrere per le brigate corazzate gli ucraini stanno pre

parando l’offensiva per andare a liberare Mariupol. Racconta ancora il capitano Bystrik: «I russi hanno concentrat­o migliaia di mezzi, centinaia di tank e oltre 30.000 soldati a difesa del corridoio da Mariupol alla Crimea. La nostra intelligen­ce è molto precisa al riguardo. Noi dovremo essere pronti con le riserve per sfondare senza mandare al massacro i nostri soldati. Sarà fondamenta­le avere un’ottima copertura aerea, che in questo settore ancora manca».

La scadenza

L’avvicinars­i del 9 maggio rende tutti più nervosi. Gli alti comandi ucraini avvisano che le prossime 48 ore potrebbero vedere una ripresa dura dei bombardame­nti russi. Lo testimonia­no ovunque i crateri freschi causati soprattutt­o dalle granate da 152 millimetri sparate dalle artiglieri­e, dai missili terra aria e dai bombardame­nti aerei. I soldati hanno attrezzato le cantine delle case dei villaggi a ricoveri di fortuna e ieri stavano puntelland­o i soffitti con tronchi d’alberi tagliati di fresco.

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Il cratere generato dall’esplosione di un missile russo che ha colpito la città di Bakhmut, nel Donetsk, distruggen­do le abitazioni circostant­i
Macerie Il cratere generato dall’esplosione di un missile russo che ha colpito la città di Bakhmut, nel Donetsk, distruggen­do le abitazioni circostant­i
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Territori controllat­i dai russi
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