Corriere della Sera

Armi, intelligen­ce, addestrame­nto Ma fin dove si spingerà l’aiuto a Zelensky?

Washington ribadisce che non manderà mai soldati sul campo Il cambio di passo però c’è stato e il resto è in discussion­e, con un avvertimen­to: non dare ai russi pretesti per allargare il conflitto

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Armi, addestrame­nto, intelligen­ce e soldi. Gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti nella guerra in Ucraina. Il cambio di passo voluto da Joe Biden ha prodotto un’oggettiva escalation. Sono saltati quasi tutti i vincoli che il presidente americano aveva mantenuto almeno fino al vertice straordina­rio della Nato, lo scorso 24 marzo.

Oggi, specie in Italia, c’è una forte polemica politica sulla distinzion­e tra «armi offensive» e «armi difensive». Ma val la pena ricordare che questo distinguo è stato teorizzato dal Pentagono: Biden lo ha usato costanteme­nte nelle prime settimane del conflitto. Un solo esempio: il 12 marzo il presidente americano diceva a una riunione di democratic­i a Philadelph­ia: «non manderemo armi offensive, come carri armati o aerei; questo si chiama Terza guerra mondiale. Non scherziamo, ok?». Il concetto, dunque, era: gli Usa appoggiano la resistenza ucraina, ma non vogliono attaccare direttamen­te la Russia. Uno schema superato proprio con il vertice dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles, quando un po’ tutti hanno preso atto di due fatti evidenti. Primo: l’esercito ucraino stava reggendo sul campo; secondo: Putin non aveva alcuna intenzione di aprire un negoziato serio.

Da quel momento gli Usa e alcuni alleati, come la Gran Bretagna, sono entrati in una logica di rialzo continuo. Il leader della Casa Bianca ha aumentato gli stanziamen­ti, fino a chiedere al Congresso 33 miliardi di dollari, (20 miliardi in armamenti) per sostenere lo sforzo degli ucraini. Biden ha mobilitato l’industria bellica e ha riproposto le norme e gli slogan adottati da Franklin Delano Roosevelt, all’inizio della Seconda guerra mondiale: «Gli Stati Uniti saranno ancora l’Arsenale della Democrazia». Il Pentagono sta inviando in Ucraina ordigni sempre più potenti e più moderni. Dai missili anti-carcapitol­o ro Javelin si è passati ai dronikamik­aze, agli obici con una media gittata e ora si sta pianifican­do la spedizione di missili anti-nave per liberare una rotta nel Mar Nero, presidiato dalla flotta russa. Non basta. Nelle basi Nato, gli specialist­i statuniten­si stanno addestrand­o i militari ucraini a usare gli ordigni di fabbricazi­one americana. Da pochi giorni «hanno completato il ciclo di formazione» più di 200 ufficiali di Volodymyr Zelensky.

E poi, naturalmen­te, c’è il dell’intelligen­ce. Il portavoce del ministero della Difesa, John Kirby, insiste sul teorema seguente: «Noi forniamo informazio­ni riservate agli ucraini, così come fanno altri alleati. È un flusso legittimo e limitato. Ma gli Stati Uniti non sono coinvolti nella scelta dei bersagli. È l’esercito ucraino a decidere chi, come e quando colpire». Kirby si riferisce all’affondamen­to dell’incrociato­re russo «Moskva», il 15 aprile scorso, e alla sequenza di almeno 12 generali, eliminati, secondo le rivelazion­i del New York Times, grazie alle «soffiate» delle spie statuniten­si.

Ma la questione, ormai, è più generale e viene dibattuta dentro l’amministra­zione, nel Congresso, tra gli analisti dei centri studi, sui media più importanti. Fino a dove può spingersi l’appoggio a Zelensky? Resta immutata solo la premessa essenziale: gli Usa non manderanno soldati a combattere direttamen­te sul terreno. Tutto il resto è in discussion­e. Biden ha una doppia esigenza che, con il passare delle settimane, diventa sempre più contraddit­toria. Da una parte, evitare di dare ai russi il pretesto di allargare il conflitto; dall’altra, «ragionare con il ritmo della guerra», come dice il segretario alla Difesa Lloyd Austin. Lo scenario sul campo è pericolosa­mente in bilico. Gli ucraini danno l’impression­e di poter lanciare la controffen­siva nel breve termine; nello stesso tempo si teme che il 9 maggio, «giorno della Vittoria», Putin possa prendere iniziative devastanti.

Biden, quindi, dovrà decidere come «riposizion­are» gli Stati Uniti. La spinta interna è forte. Oltre il 70% dell’opinione pubblica appoggia l’invio di armi letali agli ucraini. Il Congresso è da sempre schierato in modo bipartisan sulla linea dura. Il 30 aprile scorso, la Speaker della Camera, la democratic­a Nancy Pelosi, ha incontrato Zelensky a Kiev, promettend­ogli: «Saremo con voi fino alla vittoria». L’America si aspetta che il presidente adesso spieghi che cosa significhi in concreto.

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Joe Biden, 79 anni, è il presidente degli Stati Uniti dal 20 gennaio 2021. Da quando Putin ha invaso l’Ucraina, Biden ha definito lo zar «un macellaio», «un dittatore» e «un criminale di guerra»
(Lapresse) Leader Joe Biden, 79 anni, è il presidente degli Stati Uniti dal 20 gennaio 2021. Da quando Putin ha invaso l’Ucraina, Biden ha definito lo zar «un macellaio», «un dittatore» e «un criminale di guerra»

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